epa07199139 US President Donald J. Trump touches the earphone during a bilateral meeting with Argentinian President, Mauricio Macri (unseen), at Casa Rosada, the Argentinian president's official residence, in Buenos Aires, Argentina, 30 November 2018, in the framework of the G20 summit. The G20 Summit takes place from 30 November to 01 December 2018, which will bring together the heads of State or Government of the 20 largest developed economies. EPA/JUAN IGNACIO RONCORONI

Trump non incontrerà Putinannullato il faccia a facciaprevisto a Buenos Aires

A pesare il sequestro delle navi ucraine vertice con Xi Jinping su tasse doganali

“Probabilmente vedrò il presidente Putin”, aveva dichiarato il presidente americano Donald Trump alla stampa prima di salire sull’Air Force One diretto verso Buenos Aires, dove oggi inizierà il G20. Poi la smentita. “Ho deciso che sarebbe meglio per tutte le parti coinvolte cancellare il mio incontro precedentemente fissato in argentina con il presidente Vladimir Putin”, è il tweet che pubblica Trump mentre l’aereo è in volo. La motivazione? “Le navi e i marinai non sono stati restituiti all’Ucraina dalla Russia”.

Ma non sono soltanto le crescenti tensioni tra Ucraina e Russia a pesare sulla decisione del presidente americano e del suo entourage. Ad influire soprattutto le parole del suo precedente legale, Michael Cohen, che ha dichiarato di aver mentito al Congresso riguardo al Russiagate, e la recente mozione approvata – con un voto bipartisan – dal Senato per porre fine al sostegno di Washington alla campagna militare di Riad nello Yemen.

Nel bilaterale tra i due presidenti si sarebbe dovuta tra l’altro affrontare la questione del riarmo nucleare, con il Pentagono che accusa da anni Mosca di costruire nuovi arsenali missilistici che violano il trattato Reagan-Gorbaciov del 1987. Sul punto Trump si era espresso a favore di un’uscita dall’accordo se la Russia dovesse continuare a disattendere gli impegni presi.

L’incontro con Putin non era tuttavia l’unico sull’agenda di The Donald. Ora il meeting più atteso diventa quello in programma con il presidente cinese Xi Jinping, che potrebbe rappresentare l’ultima spiaggia per trovare un compromesso tra le due superpotenze. È infatti prevista per gennaio l’impennata delle tasse doganali, che saliranno dal 10 al 25%, e che potrebbe portare ad un’inasprimento dei rapporti tra Stati Uniti e Cina.

Non arrivano notizie rassicuranti neanche dagli outlook delle banche statunitensi, con la Goldman Sachs che ritiene che la crescita negli Usa rallenterà all’1,5% entro la fine del prossimo anno. La frenata è fisiologica, ma rischia di essere accelerata dalla guerra commerciale con la Cina.

Alessandro Rosi

Il basket lo appassiona mentre la scrittura lo emoziona. Nato a Roma nel 1989, intraprende la carriera giuridica fino ad ottenere l’abilitazione alla professione forense, ma nel frattempo viene stregato dal mondo del giornalismo. Come dice John Lennon: “La vita è ciò che ti succede mentre stai facendo altri progetti”.