Venezia chiama Aleppo: 153 idee per la rinascita

di Alessio Foderi e Marina Lanzone

Macerie, crateri, strade distrutte: questa è Aleppo oggi. Sfigurata dalla guerra, la città necessita al più presto di essere ricostruita. Dopo quasi 5 anni di conflitto, il secondo capoluogo siriano, ex capitale economica, ha infatti assunto le sembianze di una vera e propria città-fantasma. Lo scorso dicembre, il regime di Bashar al Assad ha riconquistato la roccaforte, facendo cadere le ultime resistenze dei ribelli di Al-Nusra. Da quel momento architetti e ingegneri di tutto il mondo hanno iniziato a ipotizzare una sua possibile riedificazione. Proprio per questo sono nati progetti che propongono idee per la rinascita di Aleppo e del paese.

Sketch for Syria” è l’iniziativa italiana che arriva dal mondo architettonico, messa in campo dall’Istituto universitario di Architettura (Iuav) di Venezia, che ha già curato importanti progetti di ricostruzione come per il disastro del Vajont nel 1963 o il terremoto del Friuli nel 1976. L’idea nasce nel giugno 2016, quando lo stesso ateneo insieme all’Agenzia Onu UN-ESCWA e I-Baron Shippin & Logistics ha lanciato una raccolta di disegni e progetti, inviando dei taccuini bianchi ad architetti di tutto il mondo e chiedendo di esprimere la loro personale idea di riedificazione.

Non è un caso che 53 risposte architettoniche arrivino dalla Siria su un totale di 153 ricevute dall’Università Iuav. L’interesse dei locali è concreto e orientato alla ricostruzione rispetto alle visioni meno pragmatiche dei colleghi di altri 26 paesi che hanno partecipato. Non va dimenticato che anche gli impianti idraulici ed elettrici di Aleppo si sono guastati insieme alle abitazioni, incidendo sulla quotidianità dei cittadini.

Il progetto dello Iuav è così divenuto la testimonianza di come l’architettura pensi al futuro in termini di pace avendo una straordinaria forza propositiva. Non solo, alla call for drawings hanno risposto anche artisti internazionali mostrando la loro visione utopica di ricostruzione. Tutto il materiale è stato raccolto in una mostra allestita presso la galleria del rettorato dell’Università Iuav e visitabile fino il 24 febbraio 2017 che diverrà presto un libro.

1 Alvaro Siza - Sketch for Syria call for drawings
2 Persone visitano la mostra Sketch for Syria
3 Particolare mostra Sketch for Syria
4 Salma Samar Damluji - Sketch for Syria call for drawings
5 Sala principale mostra Sketch for Syria
6 Istallazione fotografica Sketch for Syria
10 Sean Godsell - Sketch for Syria call for drawings
9 Istallazione fotografica e bozzetti mostra Sketch for Syria
8 Particolare bozzetto Sketch for Syria
7 Paredes y Pedrosa - Sketch for Syria call for drawings
Alvaro Siza - Sketch for Syria call for drawings

«Ho paura di vedere Aleppo un’altra città» racconta a Lumsanews Mirvat Sayegh, 24enne siriana rifugiata in Italia, a testimonianza di quanto sia importante la ricostruzione per tutta la comunità. Le città sono infatti diventate le vittime dei conflitti contemporanei, tanto che lo spazio urbano diviene il terreno di scontro, uscendone devastato, se non addirittura annientato. Fu agli inizi degli Anni Novanta che un gruppo di architetti jugoslavi coniò il termine ‘urbicidio’ per indicare quello che stava succedendo a Sarajevo. Da allora uccidere una città, distruggere il senso dei luoghi, radere al suolo i valori socio-culturali, è stato indicato con quella parola. Aleppo rientra a pieno titolo in questa definizione.

Il ricordo dei luoghi stride con la realtà. È chiaro quindi come l’annientamento architettonico miri anche sfregiare il senso di comunità e costringa a fuggire.  «Ho pensato molto alla ricostruzione della mia città da quando ho lasciato la Siria nel 2013 – prosegue Mirvat – Due bombe hanno distrutto l’università, mi mancava solo un esame per laurearmi in letteratura inglese (in quel bombardamento hanno perso la vita 90 persone, ndr)». Dopo un breve periodo di studio a Latakia – città che si affaccia sul mare siriano – è arrivata in Italia. Una borsa di studio all’università di Ferrara è il suo nuovo inizio e la speranza di una vita serena. Ma la sua mente ritorna spesso a casa: «I miei amici che sono ancora in Siria mi mandano le foto di Aleppo, ma non riconosco più i luoghi, quei posti in cui andavo con loro non esistono più, non sono come prima».

L’impeto collaborativo è il fondamento per una ripartenza anche in una logica di sinergia internazionale. Anche il mondo istituzionale si è mobilitato: il primo cittadino di Firenze – Dario Nardella – ha lanciato un appello a tutti i sindaci italiani che vogliano contribuire (è stata attivata l’email salvarealeppo@anci.it). «Immaginate Firenze distrutta, senza più Ponte Vecchio, con il Battistero devastato: tutto questo ora è Aleppo. Che le città aiutino le altre citta che sono in difficoltà», ha ribadito Nardella.

Si può veramente ricostruire Aleppo? «Oltre che possibile, è estremamente necessario» risponde il curatore dell’esposizione Jacopo Galli, architetto ed ex studente Iuav. «Mi auguro che al momento di ricostruire vi sia compresenza fra collettività locali e comunità internazionale» prosegue, specificando come una volta individuate le aree da ricostruire, si debba partire proprio dal piccolo, costituendo un esempio che inneschi una reazione a catena. Con questi obiettivi è stata scritta la Carta di Venezia per la Ricostruzione che cerca di stabilire le linee guida specifiche per una ripartenza post-bellica, basandosi sul pilastro della Carta di Venezia del 1964. Ai bombardamenti su Aleppo si è voluto rispondere con la potenza di una penna su un taccuino. Ma, se un rifacimento cittadino appare quindi concreto proprio per questi grandi passi all’insegna della progettualità, «nessuno potrà ricostruire quella parte antica della città» ci rammenta la voce intrisa di ricordo di Mirvat.