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Ancora sangue in Crimea, raid di Kiev nel Donbass

Lavrov denuncia "gravissime violiazioni"

ad Alfano dopo la morte di due civili

di Valerio Toma03 Febbraio 2017
03 Febbraio 2017

La guerra tra l’esercito ucraino e i separatisti filo-russi continua a spargere sangue. Almeno sei le persone che tra ieri e oggi sono rimaste uccise nel raid che ha colpito la zona del Donbass. Secondo Eduard Basurin, ministro della Difesa della autoproclamata repubblica popolare di Donetsk, sono stati uccisi anche due civili nei bombardamenti delle truppe di Kiev. Lo Stato maggiore ucraino smentisce, ma è immediata la denuncia dal Cremlino. «Un barbaro raid», l’ha definito la portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova. Parole dure che si aggiungono a quelle del ministro Lavrov nella chiamata di stamattina con il ministro degli esteri italiano Angelino Alfano, al quale ha riferito di «gravissime violazioni da parte di Kiev degli obblighi nel quadro degli accordi di Minsk, che rimangono la base senza alternative della soluzione della crisi Ucraina».

E una soluzione sembra proprio non esserci. L’accordo di Minsk del 2015, che coinvolse la Russia e alcuni paesi europei, non ha dato finora i risultati sperati. Il conflitto ha avuto un’escalation nelle ultime settimane nell’Ucraina orientale: in particolare nella regione di Adviika, città strategica per la vicinanza a Donetsk e per i suoi impianti industriali. Dal 31 gennaio ad oggi sono 10 i soldati uccisi e 66 i feriti. I separatisti dell’autoproclamata repubblica di Donetsk denunciano 18 soldati e sei civili uccisi.

La situazione riacutizza lo scontro tra Putin e l’Unione Europea sulle sanzioni imposte. Bruxelles parla di aperta violazione degli accordi di Minsk. Dall’altra parte dell’occidente, gli Stati Uniti, dopo l’elezione di Trump, sembravano aprire a una possibile tregua con il Cremlino. Ma le ultime notizie segnalano un’inversione di tendenza, almeno per quanto riguarda la penisola ucraina.

«La grave situazione in Ucraina orientale richiede una chiara e forte condanna delle azioni russe», ha detto l’ambasciatrice Unite Niky Halley al Consiglio di sicurezza dell’Onu.  Parole che arrivano da una repubblicana direttamente designata dal Tycoon. Sembra quindi esserci un continuum tra la vecchia e la nuova amministrazione sull’occupazione russa in Crimea, che è una parte dell’Ucraina. «Gli Stati Uniti sono al fianco del popolo, che ha sofferto per oltre tre anni sotto l’occupazione russa e l’intervento militare», ha proseguito l’ambasciatrice. «Le nostre sanzioni resteranno in vigore finché la Russia non restituirà il controllo della penisola all’Ucraina».

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