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Attiviste ProPal incatenate ai cancelli di Leonardo. L’ad Cingolani: “Accuse false, non vendiamo a Israele”

di Antonio Fera30 Settembre 2025
30 Settembre 2025

MILANO – Il 29 settembre, sette attiviste di Palestine Action Italia hanno bloccato l’ingresso principale della sede di Leonardo spa di Nerviano (Milano) incatenandosi al cancello e mostrando striscioni con la scritta “Palestina Libera”. A riferire l’azione sono stati il movimento e Ultima Generazione in una nota nella quale hanno spiegato che le manifestanti hanno dialogato con i dipendenti dello stabilimento e che anche “un lavoratore si è unito al blocco”. Sul posto sono poi arrivati i carabinieri che hanno messo fine all’iniziativa e hanno identificato i partecipanti. “Noi – ha dichiarato una delle attiviste – continueremo a chiedere l’embargo totale delle armi verso Israele, questo genocidio non andrà avanti con la nostra complicità. Siamo in una frase critica, continueremo a farci sentire e non ci fermeremo finché la macchina economica del genocidio non si fermerà, perché se Israele sta andando avanti con la sua occupazione è perché stiamo continuando a fornirgli le armi”. Tramite la Leonardo Spa e le sue partecipate, sostiene il movimento, “oltre al supporto politico lo Stato italiano è coinvolto in prima linea nei massacri in Palestina”.

Pronta la risposta dell’amministratore delegato di Leonardo, Roberto Cingolani, che in un’intervista al Corriere si è difeso dalle “false accuse a Leonardo sull’export di armi”. L’ex ministro della Transizione ecologica del governo Draghi si è riferito ad un passaggio del rapporto “Dall’economia dell’occupazione all’economia del genocidio”, pubblicato il 2 luglio scorso dalla relatrice speciale delle Nazioni Unite sui territori occupati, Francesca Albanese: “Nel rapporto ci sono accuse strumentali. Sulle accuse di genocidio saranno gli storici a doversi pronunciare, ma l’impressione è profonda. Detto questo, dire che Leonardo sia corresponsabile di un genocidio è una montatura gravissima”.

Secondo il rapporto di Albanese, Leonardo starebbe violando il divieto di export di armi a Paesi in guerra perché Israele usa F-35 che l’azienda contribuisce a costruire. E Cingolani ha replicato anche su questo: “Quel rapporto nomina Leonardo in quattro pagine in maniera abbastanza superficiale, con accuse strumentali e forzate. Si dice che poiché abbiamo contribuito a costruire i caccia F-35 venduti in tutto il mondo, incluso Israele, e poiché alcuni di questi F-35 sono utilizzati in questo orrendo conflitto, allora siamo complici di genocidio. Certo, partecipiamo a consorzi per la costruzione di tante tecnologie e piattaforme per la difesa. Ma dire che siamo corresponsabili di genocidio mi pare una forzatura inaccettabile”. “La legge 185 – ha spiegato Cingolani – fa sì che qualunque esportazione di mezzi di difesa debba avere una licenza dell’Unità per le autorizzazioni dei materiali di armamento (Uama), un organismo del ministero degli Esteri. E da quando è scoppiato questo conflitto, non è più stata autorizzata alcuna licenza di esportazione verso Israele”.

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