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HomePolitica Craxi? “Un timido rivoluzionario che volevano uccidere in carcere”, parla Rino Formica

"Craxi timido rivoluzionario
Volevano ucciderlo in cella"
La versione di Rino Formica

"Il Psi fu scomodo e senza potere"

"Nani e ballerine? Era società civile"

di Giulio Seminara21 Gennaio 2020
21 Gennaio 2020
Craxi e Formica

Craxi e Formica

Craxi? Un timido rivoluzionario «nemico dell’ordine costituito». Il Psi? «Un partito scomodo e senza potere». La latitanza ad Hammamet? «Craxi non poteva certo farsi uccidere in carcere».  Il nostro colloquio con Salvatore Formica, detto Rino, big socialista e più volte ministro ai tempi di Bettino Craxi segretario, è una miniera di sorprese.

L’Italia come sta vivendo questo ventennale?
«Vedo molta compassione e pietas per il Craxi uomo ma senza una vera riflessione storica e politica sul suo operato e sul cruciale ruolo svolto dal Psi in un periodo complesso della storia italiana. Si preferisce parlare del dramma di Tangentopoli e Hammamet che non dell’impegno socialista nel costruire e preservare la democrazia repubblicana in un paese non tranquillo e di frontiera, al tempo della guerra fredda. Nello specifico eravamo gli equilibratori di tanti governi e per questo i più esposti. Tanto per essere chiari, fu il Psi a votare lo Statuto dei lavoratori, non il Pci.»

Quale fu esattamente il contributo di Craxi?
«Lui fu alfiere del cambiamento e il nostro Psi un contropotere rispetto al blocco di potere consolidato nel Paese, fatto delle strutture di sempre: un pezzo della Democrazia Cristiana, l’alta burocrazia, buona parte del mondo economico, grandi aziende statali.»

Il Psi un partito senza potere?
«La nostra natura era nel radicale rovesciamento degli equilibri di potere e nel rinnovamento del Paese. Non avevamo neanche un alto funzionario e volevamo cambiare tutto, quello dei socialisti malati di potere è un falso mito. Come si può pensare che il centro del potere della Prima Repubblica fosse via del Corso (dove c’era la sede nazionale del Psi, ndr) e non invece l’Eni, l’Iri, Confindustria, le ambascerie e la Banca di Italia, tutte strutture che non abbiamo mai guidato?».

Cosa ci ha lasciato Craxi?
«Certamente un cambio di impostazione degli equilibri della società italiana, consolidando il primato della politica. La scala mobile e il caso Sigonella non furono episodi autonomi ma segnali di un cambio di fase. La prima iniziativa non accontentò tutti ma fece avanzare il Paese, e a Sigonella diventammo finalmente autonomi e padroni delle vicende che avvenivano nel nostro territorio, pur restando alleati degli Usa.»

Allora perché, nonostante questi successi, Craxi è caduto?
«Lui ha pagato l’essere inorganico al potere costituito e purtroppo non ha avuto la forza di trasformare il cambiamento in potere costituente. Dopo il 1989 e la nuova congiuntura internazionale il sistema di potere italiano, nel tentativo di non farsi travolgere dal cambiamento, rovesciò su altri tutte le responsabilità della gestione del tempo e Craxi, che in realtà era l’anello debole del sistema politico e privo di tutele, fu una vittima sacrificale. Ha pagato l’essere andato contro il sistema e l’essersi fatto troppi nemici nel potere costituito.»

Ci fu un complotto?
«E’ storia. D’altronde la corruzione c’è sempre stata ma la magistratura per tutta la Prima Repubblica non è praticamente intervenuta. Durante Tangentopoli si è scagliata violentemente contro Craxi e pochi altri, quando invece le responsabilità erano, proporzionalmente, di tutti i partiti che avevano per decenni diretto insieme il Paese. Lui fu vittima designata.»

Su cosa fate mea culpa?
«Avevamo la difficoltà di coniugare l’esigenza della governabilità con la battaglia per il cambiamento. Ma il grande errore è stato non andare al voto dopo il 1989, con l’esplosione del mondo comunista. Sarebbe stata la resa dei conti a sinistra con il Pci.»

Non è stato un errore la mancata unità a sinistra?
«Saragat disse bene “il comunismo è la tragedia del socialismo”, e il Pci non vedeva la tragedia. Nel 1948 comunque eravamo stati insieme nel Fronte Popolare, perdendo, quarant’anni dopo saremmo stati ancora una somma di sconfitte.»

L’infuocato dibattito: Craxi ad Hammamet, esule politico o latitante?
«Dibattito tra cretini, il punto non è lo status di Craxi ad Hammamet ma perché è andato lì, dopo una persecuzione che oggi muove tanti a compassione. Tra l’altro non poteva consegnarsi alla giustizia perché sapeva che sarebbe stato ucciso in carcere. Quando un nemico non puoi combatterlo politicamente, la politica conosce anche l’arte della soppressione fisica.»

Il timore di Craxi di essere ucciso in carcere, lo pensa lei o le è stato confidato da lui stesso?
«Questo era il pensiero di Craxi.»

Chi erano i “nani e ballerine”?
«Mi riferivo a esponenti della società civile, estranei alla politica, che fummo costretti dalla moda del tempo a cooptare negli organismi di partito e in Parlamento. Nel 1992, alla caduta del Psi, questi personaggi furono molto lesti a cambiare casacca e pure a rinnegare l’appartenenza al partito.»

Perché è passata invece l’idea che i nani e le ballerine fossero oscuri personaggi della corte di Craxi?
«Il solito maquillage del giornalismo schierato contro il Psi. Non c’erano né la corte né il via vai di donne intorno a Craxi che tra l’altro era un timido, con la tipica aggressività dei timidi. Come le battute sulla Milano da bere socialista, semplicemente dopo la fine del terrorismo la gente riprese a uscire la sera.»

Il Midas e i congressi-spettacolo?
«I grandi congressi esistevano già in tutta Europa a partire dagli anni 30, e in Italia i primi a celebrare congressi-spettacolo furono i comunisti. Erano dei maestri, c’era il momento della consegna dei doni al segretario del partito, i contadini e gli operai sul palco e le regie a riprenderli. Ma era un’esigenza del tempo la spettacolarizzazione dell’unione tra carisma dei capi e il consenso del popolo.»

Che uomo era Craxi fuori dalla politica?
«Visse in funzione della politica, fin da bambino. La sua formazione, i suoi libri, le sue passioni, i suoi viaggi: tutto per la causa.»

Oggi molti schieramenti politici vogliono appropriarsi dell’eredità di Craxi, addirittura in chiave leghista ho letto di un leader Psi “sovranista antelitteram”. 
«Non mi occupo di tali raffinatezze speculative, o di cretinismo che dir si voglia. Dico solo che il socialismo autoritario non è mai stato presente nella nostra storia se non con Mussolini, che il Psi espulse.»

Per alcuni Berlusconi e Renzi sono in parte suoi eredi.
«Non basta scandire lentamente le parole e usare le pause per essere Craxi, che non ha eredi.»

 Le manca Craxi?
«Manca tanto all’Italia, anche se per vent’anni ha ritenuto erroneamente che i partiti fossero il male del Paese. Colpa anche di una certa sinistra che ha accarezzato questa idea reazionaria.»

Posso chiederle cosa ha votato alle ultime elezioni politiche?
«Ho votato Leu»

(Foto gentilmente concessa dall’archivio della Fondazione Craxi)

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