Una immagine del ricercatore egiziano Patrick George Zaky. ANSA +++EDITORIAL USE ONLY - NO SALES+++

Egitto, arresto Patrick ZakyIl giovane ventisettenne"Torturato e picchiato"

Il giovane egiziano studiava a Bologna La denuncia: "Stessi aguzzini di Regeni"

Cresce la preoccupazione per Patrick Zaky, arrestato all’aeroporto del Cairo nella notte tra il sei e il sette febbraio. Ieri sera un flash mob a Bologna, la città dove il ventisettenne egiziano studiava da settembre, per chiedere una risoluzione del caso al grido di: “Non permetteremo un nuovo caso Regeni. Non lasciamo da solo Patrick. Patrick è uno di noi”. Secondo l’EIPR (Egyptian Initiative for Personal Rights, l’Iniziativa egiziana per i diritti personali) lo studente egiziano sarebbe stato picchiato, sottoposto a elettroshock e minacciato. Le accuse nei suoi confronti, per molte ore restate oscure, sarebbero “pubblicazione e diffusione di false notizie” sul suo profilo Facebook. Su Zaky pendeva un mandato d’arresto in Egitto dallo scorso settembre, ma il giovane attivista non ne sarebbe stato al corrente.

Patrick Zaky era tornato in Egitto per una breve vacanza a Mansoura, la sua città natale, ma una volta atterrato all’aeroporto della capitale, secondo l’EIPR, è stato fermato dai servizi segreti egiziani. Di lui si sono perse le tracce per le successive 24 ore. Dopo essere stato portato al Cairo è stato trasferito a Mansoura e qui sarebbe stato interrogato. Inevitabile il paragone con il giovane ricercatore italiano Giulio Regeni, rapito il 25 gennaio del 2016 al Cairo, torturato e ucciso. Proprio l’avvocato della famiglia Regeni in un’intervista rilasciata a La Repubblica ha dichiarato: “A prendere Patrick è stata la Sicurezza nazionale, il servizio segreto civile, lo stesso coinvolto nel sequestro, tortura e omicidio di Giulio”. Il ministro degli Esteri Luigi Di Maio, si apprende da fonti della Farnesina, avrebbe chiesto la cooperazione di una delegazione Ue in Egitto per monitorare più da vicino l’evoluzione del processo e presenziare alle udienze.

Marise George, la sorella dello studente ventisettenne, lancia un appello: “Patrick è stato picchiato e torturato per ore con i cavi elettrici, è stato lui stesso a farmelo sapere tramite il suo avvocato. Vuole dirvi che ha bisogno dell’aiuto dell’Italia per tornare libero, del supporto delle persone che in queste ore stanno combattendo per lui”. E nel frattempo Amnesty Bologna lancia una petizione online che ha già raccolto migliaia di adesioni; anche i sindacati si mobilitano: questa mattina il segretario generale della FLC CGIL Francesco Sinopoli ha chiesto l’intervento dell’Italia. “Allo Stato italiano chiediamo un intervento immediato perché non capiti a Patrick ciò che è successo a Giulio Regeni”.

Chiara Viti

Classe 1993. Ha studiato Filosofia a Roma e si è specializzata in Editoria e Giornalismo. Si è avvicinata al mondo della comunicazione lavorando come Ufficio Stampa, poi uno stage nella redazione di Report (Rai 3). Adesso è giornalista praticante presso la Lumsa Master School.