ROMA – Spigoloso e graffiante, come le incredibili sfaccettature di stili che ha sperimentato nel corso della sua carriera. Neil Young si è sempre mantenuto lontano dalle convenzioni e dalle tecniche tradizionali. Dall’hard rock alla musica elettronica, passando per le ballate acustiche folk e il country rock, è difficile pensare che, nell’arco degli ottant’anni appena compiuti, il cantautore canadese possa avere qualche rimpianto. Con una produzione estremamente prolifica con 43 album in studio e 19 dal vivo, Neil Young si è affermato come una vera e propria stella del rock, capace di esplorare anche il mondo del cinema come regista sotto lo pseudonimo di Bernard Shakey.
Gli anni ’60 e la carriera da solista
La sua carriera comincia in Canada con il gruppo “The Squires”, seguito un anno dopo dai “Mynah Birds”. Ma dopo l’arresto per resistenza alle armi, Young si trasferisce a Los Angeles insieme all’amico bassista Bruce Palmer. Qui i due si uniscono a Stephen Stills, Richie Furay e Dewey Martin per formare i Buffalo Springfield, unendo sonorità folk, country e rock.
Abbandonato il gruppo, Neil Young comincia il proprio percorso da solista. Ma poco tempo dopo decide di entrare nel supergruppo noto come Crosby, Stills, Nash & Young, che sforna capolavori come “Dejà vu”.
I successi di Harvest e Rust Never Sleeps
La svolta definitiva arriva con un nuovo progetto da solista. Nascono così pietre miliari come “After the Gold Rush”, seguito da “Harvest” che affronta temi come la natura, l’amore, la dipendenza e il razzismo, fondendo folk, country e rock in un sound intimo e nostalgico. Un nuovo capitolo si apre nel 1975, con gli album “Zuma”, “Long May You Run” e “American Stars ’n Bars”. Con la traccia “Rust Never Sleeps”, Young conquista pubblico e critica, raccogliendo ampi consensi commerciali.
Dagli anni Ottanta al nuovo millennio
Gli anni Ottanta rappresentano un periodo di intensa sperimentazione musicale. Il cantautore si cimenta con un country più straniante, l’elettronica, per poi affacciarsi alla new wave e al blues. Negli anni ‘90, con “Arc/Weld”, abbraccia il rock alternativo, fino alla collaborazione con i Pearl Jam per l’album “Mirror Ball”. Il nuovo millennio segna il suo progetto più ambizioso: il concept-album “Greendale”, appena in tempo prima che un aneurisma cerebrale nel 2005 lo costringa a una pausa forzata, interrompendo la pubblicazione di un nuovo disco acustico. Negli anni Duemila cresce anche il suo impegno politico, pubblicando nel 2006 “Living with War”, un album che polemizza apertamente con l’amministrazione Bush. Ma non è la prima volta che Young affronta temi sociali e politici. Le sue canzoni spesso riflettono temi sociali e personali, tra cui la critica alla guerra, al colonialismo e agli eccessi dell’epoca hippie.
Considerato uno dei pionieri del suono distorto e cacofonico della chitarra elettrica, Neil Young ha influenzato profondamente la generazione grunge. Ed è forse è proprio la varietà di stili abbracciati, insieme alla sua tendenza a non inseguire le mode, che lo hanno consacrato tra i grandi classici del rock.


