Il Colosseo chiuso: ecco spiegato il perché Un convegno sulla concessione della cultura ai privati

La chiusura al pubblico del Colosseo e la colonna di turisti lasciati “a bocca asciutta” è stata un gravissimo danno d’immagine per il nostro Paese. A finire sotto accusa è stato il ministero dei beni culturali colpevole agli occhi dei più di una cattiva gestione. Per ovviare ai tanti problemi che affliggono quotidianamente il nostro patrimonio artistico, più volte si è invocato l’intervento dei privati quasi fosse la panacea di tutti i mali.
Se ne è discusso in un convegno, “Il futuro dei Beni Culturali tra pubblico e privato”, organizzato a Roma dalla Società Italiana perla Protezionedei Beni Culturali. La terza giornata ha visto in particolare una discussione sul tema pubblico e privato nel terzo settore, alla presenza di ospiti quali Roberto Grossi, presidente Federculture, Anna Maria Buzzi, direttore generale per la valorizzazione del patrimonio culturale del Mibac, e Umberto Broccoli, già sovrintendente ai beni culturali di Roma Capitale. Fabio Isman, giornalista del Messaggero, spezza una lancia in favore dei Beni Culturali. È impensabile, spiega, che si riesca a controllare tutto il patrimonio artistico quando le opere ritrovate, invece di essere concentrate nei grandi musei, come avviene all’estero, finiscono in piccole esposizioni. Questo avviene perché in Italia vige la regola che il bene sia dato in gestione al museo del luogo del ritrovamento, così accade che lo Stato si ritrovi a gestire mostre con una sola opera in tanti piccoli centri.
La vicenda che ha coinvolto il Colosseo (con lo sciopero dei custodi), secondo Maria Buzzi, è dovuta a un mero problema burocratico in quanto, per via di un regolamento i dipendenti, non possono percepire uno stipendio più altro di quello del2010. Acausa della diminuzione dei custodi e della mancata assunzione di nuova forza lavoro, i rimanenti hanno dovuto sobbarcarsi ore di straordinari non pagate.
Inoltre, a differenza degli altri Paesi, in Italia il Mibac non ha grandi possibilità per incidere sulle decisioni che riguardano la cultura. Basti pensare che dal momento in cui il ministro prende una decisione a quando questa risulta esecutiva, passa almeno un anno.
Tuttavia, fa presente Umberto Broccoli, «Se Atene piange, Sparta non ride. La società che gestisce la visita alla Torre Eiffel ha avuto difficoltà dai suoi dipendenti per aprire al pubblico, quindi per quanto riguarda le critiche piovute dall’estero bisogna fare attenzione perché poi tornano indietro». E sulla possibilità di un intervento privatistico ricorda che chi “affitta” un bene deve curarlo nella sua totalità, dal restauro alla manutenzione quotidiana con lo Stato che controlli periodicamente la situazione tramite ispezioni.
Per il momento comunque la situazione, almeno per ciò che concerne l’Anfiteatro Flavio, pare essere giunta a una svolta con lo sblocco dei fondi da parte del governo e con un incontro tra sindacati e amministrazione previsto per il prossimo 8 luglio.

Domenico Cavazzino

Claudia Nardi