La bandiera tricolore sventolerĂ regolarmente alle Olimpiadi di Tokyo. Una tradizione che sembrava in bilico soltanto pochi giorni fa. Lo scorso 26 gennaio, prima che scoppiasse la crisi di governo, l’ex premier Giuseppe Conte ha dato lâok per lâapprovazione del decreto âSalva Coniâ nel suo ultimo Consiglio dei ministri. Esattamente un giorno prima della riunione dellâesecutivo del Comitato Olimpico Internazionale, che aveva minacciato di escludere lâItalia dai Giochi olimpici.
Sulla minaccia del Cio e sulla necessitĂ di tale decreto si sono sollevati molti dubbi. Lâunico problema oggettivo individuabile è che la riforma dello sport, avviata a dicembre 2018 dal primo governo Conte, ha dato vita a una serie di provvedimenti che hanno messo in discussione lâautonomia del Comitato Olimpico Nazionale Italiano. In particolare, âla legge delega 86 del 2019 specificava che ogni decreto riguardante la governance dello sport avrebbe dovuto tenere conto dei principi della Carta Olimpicaâ, come spiega a Lumsanews il deputato del Movimento 5 Stelle Simone Valente, giĂ sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri nel primo governo Conte.Â
Tuttavia, il percorso definito con la legge delega è rimasto incompiuto a causa del cambio di governo nel 2019, a cui si è aggiunta in seguito lâesplosione della pandemia. L’interruzione di questo iter, oltre a provocare diversi richiami da parte del Comitato Olimpico Internazionale, ha prodotto una âsovrapposizione di competenzeâ tra il Coni e âSport e Saluteâ, la societĂ costituita con la riforma Giorgetti per gestire i fondi per lo sport stanziati dallo Stato, oltre 400 milioni l’anno.Â
Questo ha permesso alla confederazione del presidente Giovanni Malagò di utilizzare âun problema oggettivo per ottenere dal governo la diretta gestione delle sue risorse umane e immobiliariâ, sostiene il giornalista de Il Fatto Quotidiano Lorenzo Vendemiale, che ha seguito con attenzione la questione.Â
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Il deputato M5S Simone Valente
Un contributo determinante è stato dato anche dalla pressione mediatica di alcuni quotidiani, che hanno dato per certa lâesclusione dellâItalia dai Giochi di Tokyo, fornendo, secondo alcuni critici, unâinformazione parziale che ha trasformato la questione del Coni in un caso nazionale. Sul fatto che si tratti quindi di una vicenda strumentalizzata, entrambi i nostri intervistati si trovano dâaccordo. Dâaltra parte, lâex sottosegretario confessa che âavremmo dovuto approvare prima questo decreto per evitare di fare aleggiare tra gli atleti italiani la paura di gareggiare senza inno e bandieraâ.Â
Uno scenario escluso da Vendemiale: âQualsiasi provvedimento non sarebbe stato definitivo, il governo avrebbe potuto rimediare in qualsiasi momentoâ. Inoltre il giornalista sottolinea come il Cio sia alle prese con il problema del Covid e il conseguente rischio di rinvio dei Giochi: pertanto lâItalia non sarebbe stata probabilmente la sua principale preoccupazione.
Come dimostrano i pochissimi casi in cui il Cio è intervenuto per comminare sanzioni cosĂŹ severe: davanti a un grande scandalo come quello del doping in Russia, il percorso che ha portato allâesclusione degli atleti russi è stato abbastanza travagliato. Anche la Bielorussia ha problemi di indipendenza del comitato olimpico da cinque anni e soltanto lo scorso dicembre è stata sospesa.Â
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Il logo del Coni nel Salone d’Onore
Tuttavia, non sapremo mai se il 27 gennaio sarebbe davvero arrivato un provvedimento per lâItalia. Sicuramente âla politica non ha saputo trovare una soluzione in tempi congruiâ, commenta Valente. E questo ha generato alcune tensioni tra il Coni e Sport e Salute, soprattutto per il trasferimento del personale. Sul tema, la societĂ per azioni facente capo a Vito Cozzoli preferisce non esporsi, confidando nelle modifiche in fase di conversione di un decreto che ha restituito al Coni 4 immobili per la preparazione olimpica e 165 dipendenti.
Il passaggio di personale da una Spa a un ente pubblico non sarĂ semplice perchĂŠ ci sono differenze salariali e fiscali. Oltre al fatto che lâente pubblico può assumere soltanto mediante concorso, mentre la Spa può farlo anche senza. Considerando quindi la differente flessibilitĂ dei codici degli appalti, il vero obiettivo del presidente Malagò sarebbe riavere una Coni Spa. La richiesta è stata respinta nellâultimo decreto, in quanto si sarebbe creato un âdoppioneâ di Sport e Salute e quindi unâinutile spesa aggiuntiva.Â
Il provvedimento del 26 gennaio restituisce comunque al Comitato nazionale la propria autonomia. Un traguardo che per la critica costituisce senza dubbio un successo per il Coni, che ha ottenuto quello che chiedeva. Ma anche âuna buona base di partenza per ridefinire la governance dello sport italianoâ, come tiene a precisare Valente. Fuori dal testo è rimasto il tema della vigilanza economico-finanziaria, che andrebbe attribuita – secondo i 5 Stelle – a chi distribuisce le risorse degli organismi sportivi, ovvero a Sport e Salute.Â
Resta da capire se si potrĂ sopperire a questa mancanza in fase di conversione del decreto-legge, dove potrebbero essere apportate alcune modifiche, affinchĂŠ âil Coni sviluppi unâorganizzazione efficiente ed efficaceâ – come si augura lâex sottosegretario – identificando e valorizzando appieno le competenze che gli spettano per realizzare al meglio la missione che gli è stata affidata: riacquistare quellâautonomia tanto inseguita per poter suonare a Tokyo lâinno di Mameli.Â