Dall’Auditorium di Roma giunge l’eco dell’evento forse più interessante di questa Festa del Cinema di Roma: la lectio magistralis di Martin Scorsese sul cinema italiano che l’ha formato da ragazzo, con al centro i nove classici che per lui sono stati “vita vera”.
Ha iniziato citando Accattone di Pierpaolo Pasolini “il film a me più vicino, quella santità dell’animo umano e sofferenza non mi hanno più lasciato”. A sorpresa La presa di potere di Luigi XIV di Roberto Rossellini “cinema educativo”. Non poteva mancare Umberto D. di Vittorio De Sica “l’apice del neorealismo”. Grande tributo a Il posto di Ermanno Olmi “ispirazione per il mio Toro Scatenato”. Invece L’Eclisse di Michelangelo Antonioni “ha ridefinito il linguaggio”. Divorzio all’italiana di Pietro Germi ha invece ispirato Quei bravi ragazzi per “stile satirico e movimenti di macchina”. Invece Salvatore Giuliano di Francesco Rosi per Scorsese è “la sofferenza del sud e della mia famiglia”. Il Gattopardo di Luchino Visconti? “Antropologia della vita, gli devo L’Età dell’innocenza”. E infine Le notti di Cabiria di Federico Fellini per il “finale straordinario, una rinascita spiritale”. Con il maestro romano, ha svelato sempre ieri, doveva fare un documentario. Qui l’analisi abbraccia l’amicizia: “Quello che mi ha insegnato è che bisognava sempre cercare location vicino a buoni ristoranti”.