Il primo ministro polacco Mateusz Morawiecki parla durante una conferenza stampa nella sede del PiS a Varsavia |Foto Ansa

La Polonia non fornirà più armi all'UcrainaCaos embargo sul grano

Kiev riceverà nuovi aiuti dagli Usa Pioggia di missili nella notte

KIEV – “Non trasferiamo più armi all’Ucraina, perché ora dobbiamo difenderci”. Arrivano come un fulmine a ciel sereno le parole del premier polacco Mateusz Morawiecki che, in un’intervista televisiva, ha fatto sapere di non poter più fornire sostegno militare a Kiev perché dovrà armare il suo esercito. Piotr Muller, il portavoce del governo polacco, ha comunicato che Varsavia sta effettuando “solo forniture di munizioni e armamenti concordate in precedenza”, reputando, peraltro, “assolutamente inaccettabili” una serie di “dichiarazioni e gesti diplomatici” della controparte ucraina.

Il riferimento, con tutta probabilità, è alle parole del leader Zelensky che ieri, all’Assemblea generale delle Nazioni Unite, ha bollato come un  “teatro politico” che “aiuta solo Mosca” la scelta di Polonia, Ungheria e Slovacchia di porre l’embargo sull’import di grano a Kiev. Il governo polacco vuole infatti tenere fuori dai propri confini il grano ucraino per proteggere i propri agricoltori, che costituiscono un’importante base elettorale per l’attuale partito di governo. Stando al governo ucraino, però, i due Paesi mantengono “relazioni strette e costruttive”  sulla questione, che verrà ridiscussa “nei prossimi giorni”. 

Gli aiuti dagli Usa

Se in Europa il leader ucraino perde quello che finora era stato il suo principale alleato, è agli Stati Uniti che punta per ottenere i sostegni necessari a portare avanti la controffensiva. Il presidente ucraino oggi sarà a Washington per incontrare per la terza volta il leader Joe Biden, che stando al portavoce del consiglio di sicurezza nazionale John Kirby, ribadirà ancora una volta la sua posizione al fianco dell’Ucraina. E lo farà annunciando un nuovo significativo pacchetto di aiuti militari. 

Il piano di pace ucraino

Zelensky, però, non mira solo ad ottenere fondi. Nel suo discorso di ieri al consiglio di sicurezza dell’Onu ha infatti rilanciato il suo piano in dieci punti per la pace, proponendo come condizione imprescindibile il ritiro della Russia e il ripristino dei confini prima dell’invasione in Crimea. Non solo. Per il leader ucraino è indispensabile, affinché l’Onu possa davvero fare qualcosa, che venga sospeso il diritto di veto della Russia. Non è d’accordo il ministro degli esteri russo Lavrov che, presente all’Assemblea ma attento a non incrociare l’avversario, rivendica la legittimità dello strumento e accusa l’Ucraina di “vietare un dialogo col presidente Putin”. 

Lontano dalle strategia dei big, sul terreno la guerra procede senza sosta. Nella notte 43 missili sono stati lanciati contro l’Ucraina, che è riuscita ad abbatterne 36. Nonostante ciò, 20 persone sono morte negli attacchi che hanno provocato anche danni a 40 edifici nel Paese. Intanto Kiev fa sapere di aver colpito la base aerea russa di Saky in Crimea e dopo gli attacchi di questa notte ha detto “Ci aspettano mesi difficili”.

Chiara Esposito

Nata a Napoli. Laureata in Archeologia, storia dell'arte e scienze del patrimonio culturale presso l'Università Federico II e in Editoria e Scrittura alla Sapienza. Aspiro a diventare giornalista professionista.