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HomeCultura La povertà educativa costa troppo: “Danno da 48 miliardi di euro per giovani inattivi”

"Recuperare povertà educativa
vale 48 miliardi del Pil"
Lo studio di Teha Group

L'ascensore sociale è bloccato

Un giovane su dieci lascia gli studi

di Roberto Abela08 Settembre 2025
08 Settembre 2025
eduscopio classifica

Un'aula di liceo | Foto PixaBay

ROMA – Che l’emarginazione sociale dei giovani passi in larga parte dell’esclusione dai cicli scolastici e universitari è ormai ampiamente dimostrato. Eppure non smettono di stupire – in negativo – i dati emersi da un’analisi realizzata dal Teha Group (insieme alla Fondazione Crt) e presentata domenica 7 settembre al Forum a Cernobbio da Maria Chiara Carrozza, professoressa ordinaria di Bioingegneria Industriale all’Università di Milano Bicocca e ex ministro dell’Istruzione. Oltre 1,3 milioni di minori vivono in povertà assoluta (una crescita del 47% negli ultimi dieci anni), quasi un giovane su dieci abbandona prematuramente gli studi e il Paese registra uno dei più alti tassi di Neet – Not in Education, Employment or Training– in Europa, al 15,2%. L’Italia inoltre, si attesta agli ultimi posti tra i 27 paesi dell’Unione per quota di giovani laureati.

Quasi un italiano su quattro è a rischio povertà ed esclusione sociale

Le rilevazioni aggiornate al 2024 evidenziano come lo scorso anno, quasi un italiano su quattro (23,1%) fosse a rischio di povertà ed esclusione sociale, con ripercussioni sull’ascensore sociale che risulta bloccato: il background socio-economico e culturale delle famiglie condiziona fortemente i percorsi formativi e lavorativi dei giovani e il divario Nord-Sud è tra i più marcati in Europa, con quattro regioni del Mezzogiorno tra le peggiori cinque dell’intera Ue. L’impatto della mancata partecipazione dei ragazzi alla formazione è profondo anche dal punto di vista economico, con l’occasione persa di poter generare “fino a 48 miliardi di euro di Pil aggiuntivo e di circa 3,2 milioni di posti di lavoro”. La povertà educativa, poi, amplifica lo skill mismatch: in Italia mancano 2,2 milioni di lavoratori con titolo di studio secondario superiore o terziario. Il gruppo Teha ha stimato che per azzerare questo gap basterebbe formare il 20% dei lavoratori meno istruiti.

A risultare insufficienti sono soprattutto le competenze digitali: solo il 56% dei giovani italiani under-19 possiede quelle di base (contro la media Ue del 73%), a fronte di un mercato del lavoro che già oggi richiede ne richiede il 41,5% avanzate.

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