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HomeSport L’ex stella Nba Bargnani: “Importante che gli americani rispettino la tradizione europea”

“Il progetto Nba Europe
non deve cannibalizzare
la nostra cultura cestistica”

Bargnani, ex stella del basket americano

“La Fiba farà da garante”

di Giacomo Basile27 Dicembre 2025
27 Dicembre 2025
Bargnani

Andrea Bargnani, ex stella del basket Nba

Il nuovo progetto europeo, orchestrato dalla più grande lega cestistica mondiale, è imminente. L’iniziativa Nba Europe vedrà la luce nel 2027, ma i dubbi sono ancora molti, dai club esclusi alla carenza di infrastrutture adatte, soprattutto in Italia. Andrea Bargnani, ex giocatore Nba e ora executive advisor per la Lba (la Serie A, ndr), ha raccontato a Lumsanews le criticità e le opportunità di questa nuova superlega.

Bargnani, l’Nba è pronta a esportare il suo modello in Europa. Secondo lei può davvero riuscire a creare un sistema che sia economicamente sostenibile senza snaturare la cultura cestistica del Vecchio Continente?

“I presupposti ci sono tutti, perché l’Nba è l’organizzazione sportiva forse numero uno al mondo anche per come si è espansa al di fuori degli Stati Uniti. Hanno un modello di business già rodato,che funziona. In caso di sbarco in Europa, l’importante è che non cannibalizzi sia l’aspetto culturale sia le leghe domestiche. Questi sono aspetti da tutelare. Non è che si può fare un copia e incolla di quello che c’è negli Stati Uniti. Questo credo che loro lo sappiano.

Pensa che la transizione verrà gestita in maniera graduale e in collaborazione con la Federazione internazionale pallacanestro?

Penso che l’Nba lo farà in modo molto intelligente, in assoluta collaborazione con la Fiba, che farà da garante rispetto alla tutela delle leghe domestiche e anche della cultura sportiva europea, completamente diversa da quella americana. Penso, inoltre, che questo progetto possa essere un volano per le leghe domestiche, perché se i campionati nazionali saranno poi “connessi” all’Nba Europe, i club saranno in grado di qualificarsi partendo dal campionato. Ovviamente ci devono essere dei presupposti sia economici che infrastrutturali, non si può fare l’Nba Europe con un palazzetto da 1500 posti, questo secondo me potrebbe essere una grande opportunità per le leghe domestiche che sia l’Acb o l’Lba”.

Per quanto riguarda invece i talenti, tre dei migliori cinque giocatori dell’Nba in questo momento vengono dal Vecchio Continente. La lega americana potrebbe aver fiutato anche un potenziale cestistico da valorizzare, oltre a quello economico?

“Sì, è qualcosa che di certo non scoprono quest’anno. Oltre ai giocatori Nba affermati provenienti dall’Europa, c’è anche il tema del NIL (i ricavi derivanti dai diritti d’immagine dei giocatori Ncca, ndr) che oggi permette agli universitari americani di essere pagati, come avveniva già da tempo in Europa. Tutto questo è la dimostrazione di quanto il basket europeo lavori bene e abbia valore, dai settori giovanili fino alle prime squadre. Dal punto di vista tecnico e del gioco espresso, non siamo secondi a nessuno, e oggi lo si può dire con chiarezza. Sul fronte dell’intrattenimento e del modello di business, invece, come europei dobbiamo ancora crescere; i numeri lo dimostrano, ed è un dato di fatto”.

Per la data di lancio si parla del 2027. Riuscirà l’Italia ad avere delle franchigie pronte per entrare in questo tipo di lega in così poco tempo?

“Non c’è niente di ufficiale, ma a fare si può fare tutto, dipende poi dalle persone, dalle proprietà e dalla volontà di farlo. Però, se si trovano le strade giuste la tempistica sembra assolutamente possibile. Noi siamo abituati sempre a tempi biblici e a burocrazie devastanti, poi se c’è la voglia le cose si fanno”.

A Roma non c’è una società e non c’è un palazzetto, potrebbero essere coinvolti dei player americani di proprietà calcistiche per investire nel basket capitolino?

“Non saprei, ma sicuramente per avere una franchigia di Nba Europe servono le spalle larghe e grossi capitali, quindi dal punto di vista economico servono tante certezze. Mentre per quanto riguarda le infrastrutture, c’è tutta una questione di accordi, di dinamiche di potere, niente vieta sulla carta di ammodernare il Palaeur, di fare dei lavori di ristrutturazione per renderlo pronto ad ospitare partite di quel calibro. Dipende sempre se c’è la volontà e se gli attori si riescono a coordinare”.

Con questo modello si rischia di condannare l’Eurolega alla chiusura?

“Su questo non so dare una risposta precisa. Ovviamente, non ci possono essere 40 campionati diversi o 40 leghe diverse. Sicuramente dovranno trovare una chiave, ci sono un sacco di squadre che non sono state incluse nelle prime sedici, come il Partizan Belgrado e la Stella Rossa. Ma vedremo un po’ come si comporterà la nuova lega e se si arriverà a delle espansioni. L’Nba ha pronosticato di arrivare a coinvolgere tra le 20 e le 26 squadre”.

Su Milano invece c’è l’incognita Olimpia, perché nelle conferenze stampa hanno parlato principalmente delle proprietà calcistiche di Inter e Milan. Rischia di essere esclusa la squadra di Armani, forse una delle squadre più avviate che abbiamo in Italia?

“Si gioca tutto sulla volontà di trovare accordi e cooperare. Guarda il caso dello stadio della Roma. Anni fa c’erano i soldi, c’erano le persone dietro pronte a farlo, e poi non si è fatto, perché alcuni attori non sono riusciti a mettersi d’accordo. Non esiste qualcosa che non si può fare. Qua i fondi ci sono, quindi bisogna solo lavorare assieme”.

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