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Rsf, rapporto shock: nel 2017 uccisi 65 reporter. Siria capolista, poi Messico

di Massimiliano Venturini19 Dicembre 2017
19 Dicembre 2017

Un mestiere pericoloso, quello del giornalista. Lo certifica anche quest’anno il rapporto pubblicato da Reporters sans frontieres: 65 i giornalisti – fra cui 50 professionisti – e gli operatori dei media uccisi nel 2017 in tutto il mondo. Dal 2012, comunque, la tendenza è in costante ribasso, e l’anno in corso testimonia il dato più basso degli ultimi 14 anni.

Sui totale indicato nel documento, 39 sono stati scientemente assassinati e 26 sono rimasti uccisi mentre esercitavano la professione. La Siria mantiene il primato di luogo più pericoloso con 12 morti, davanti al Messico (11 giornalisti morti), l’Afghanistan (9), l’Iraq (8) e le Filippine (4).

Secondo l’organizzazione, il calo è dovuto alla “presa di coscienza crescente della necessità di proteggere meglio i giornalisti e alla moltiplicazione delle campagne realizzate in questo senso dalle organizzazioni internazionali e dagli stessi media”. Ma anche al fatto che “Paesi divenuti troppo pericolosi si svuotano dei loro giornalisti”. Emblematico il caso di “Siria, Iraq, Yemen e Libia, dove si assiste a un’emorragia della professione”.

Condurre le indagini in alcuni Paesi in pace sta diventando pericoloso quanto la copertura di un conflitto” ha commentato a margine della presentazione del rapporto il segretario generale di Rsf Christophe Deloire. e ha aggiunto che “alcuni Paesi si distinguono per il numero insolito di giornalisti prigionieri. E’ il caso, ad esempio, di Russia e Marocco. La Cina e la Turchia sono ancora le più grandi prigioni di giornalisti nel mondo, seguite da Siria, Iran e Vietnam. I dati per il 2017 parlano anche di 326 reporter detenuti.

Raddoppiato inoltre il numero delle giornaliste donne uccise: dieci morti contro i cinque censiti nel 2016. Si tratta in quasi tutti i casi di giornaliste investigative esperte che, nonostante le minacce, hanno continuato ad indagare: tra loro Daphne Caruana Galizia a Malta, Gauri Lankesh in India e Miroslava Breach Velducea in Messico.

Infine, 54 giornalisti si trovano nelle mani di gruppi armati non statali, come l’Isis o gli Houthi nello Yemen. Molti ostaggi sono giornalisti locali, che spesso lavorano in condizioni precarie e rischiose. I giornalisti stranieri sequestrati fino ad oggi sono stati tutti rapiti in Siria, e ad oggi non si sa dove si trovano.

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