Scozia, si vota. Il Regno trema e le banche si preparano alla fuga di capitali

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Nel giorno del voto che potrebbe segnare una data storica, decretando la scomparsa del Regno Unito, è tutto pronto, in Scozia, al referendum che vedrà il 97% dei cittadini d’età superiore ai 16 anni tessere, con la spada del “si” o del “no”, il destino della nazione sulla scheda bianca dei 2.600 seggi allestiti in tutto il Paese.

L’esito di questa storica consultazione che ha mobilitato le coscienze, creando una spaccatura tra i convinti e gli indecisi, inaugurata due anni fa in modo distratto dopo l’”accordo di Edimburgo” (che aveva avviato le procedure della consultazione), giungerà nelle prime ore di domattina, mentre lo spoglio delle schede comincerà stasera, alle 23 italiane.

Gli ultimi sondaggi darebbero quasi per certa, sebbene con un lieve scarto, la vittoria dei fedelissimi di Londra. Un 52% contro il 48% che farebbe tirare un sospiro di sollievo ai sudditi conservatori di sua maestà. Alla porzione degli indecisi che, secondo ben tre sondaggi, oscillerebbero tra il 14% e il 6%, si sono rivolti, nelle ultime ore, i leader politici scozzesi dei due campi avversi, “Better Together” e “Yes Scotland”, con due grandi comizi organizzati nel centro di Glasgow.

A poche ore dal verdetto di questa sera ci si interroga circa i risvolti che potrebbero scaturire da un’eventuale vittoria dei secessionisti. In base all’Act of Union del 1707, la Scozia ha sempre conservato i propri sistemi giuridici e di istruzione, nonché la religione presbiteriana. Pertanto gli scozzesi, in caso di vittoria dei “sì”, manterrebbero lo stesso sistema scolastico ed anche il monarca britannico rimarrebbe comunque Capo dello Stato (e della Chiesa di Scozia) visto che l’Unione delle due Corone in un solo monarca è ancora precedente al trattato. Non è chiaro quale sarà il futuro della Scozia all’interno dell’Unione Europea, in caso di vittoria dei “sì”, visto che i trattati non contemplano la possibilità di una secessione in seno ai Paesi membri. Restino, tuttavia, chiare le posizioni dei secessionisti che auspicano di continuare a rimanere nella Nato (ma senza armi nucleari sul loro territorio), nel Commonwealh e nell’Ue, pur contrari all’ingresso nell’Eurozona e nello spazio di Schengen. Intanto la Commissione europea si chiude dentro reticenti no comment, preferendo non esprimersi circa un’eventuale vittoria dei “sì”. L’esito del referendum in Scozia fa tremare anche la Spagna che teme il contagio della febbre indipendentista alla Catalogna, con i catalani pronti a emulare l’esempio scozzese e Madrid che nega qualsiasi possibilità di secessione.

E mentre qualcuno ipotizza già i colori e lo stemma di un’eventuale bandiera, il fronte del no ha chiamato a raccolta banchieri, industriali, sportivi, ex generali dell’esercito e della Raf e ammiragli della Royal Navy. In 14 hanno firmato una lettera pubblicata dal tabloid Sun: “La divisione del Regno Unito indebolirà la nostra sicurezza”.

Ma le incertezze più grandi, nel giorno del gran voto, riguardano il fronte monetario, dopo il warning al pianeta lanciato dal Fondo monetario “per l’incertezza che provocherà tremori sui mercati”, inevitabile conseguenza di un “si” alla separazione. Per questo motivo oggi il governatore della Banca d’Inghilterra (BoE) Mark Carney è al posto di comando nella City. “La Bank of England – spiega Lucreazia Reichlin, docente alla London business school, ex chief economist della banca centrale europea – ha già un piano pronto per garantire liquidità in caso di fuga di capitali inevitabile, immediata conseguenza di un voto favorevole alla separazione”. Mentre le banche stanno riempiendo i cash dispenser scozzesi con banconote trasferite da Sud a Nord, ci si prepara alla caccia al contante che potrebbe scattare già domattina in seguito all’eventuale vittoria dei secessionisti. “Il flusso dei capitali – spiega Leonardo Maisano su Il Sole 24Ore – sarà nella direzione opposta, da Nord verso Sud. Gli assetti finanziari domiciliati in Scozia ammontano a 10 volte il prodotto interno lordo di Edimburgo e la tentazione di muoverli verso lidi più tranquilli è stata confermata dalla Royal Bank of Scotland e Bank of Scotland”. Tra le conseguenze scatenate dal trionfo di “yes” potrebbe esserci la perdita, da parte della sterlina, fra il 3 e il 10% e la vendita di titoli di stato britannici.

Mentre l’Europa si prepara a sfogliare il futuro della Scozia sui quotidiani di domani, gli elettori di Edimburgo si apprestano a vivere la grande notte del voto tra pinte, calcio e cornamuse, tra le vivaci arterie del Royal Mile. Questa è la notte dei pub aperti, del menu classico di carni e pasticci, di musica dal vivo, del Chelsea e del Manchester City. Perché dentro il Royal Mile e nei suoi pub, separatisti o no, tifo, passione e rispetto, non tramontano certo dentro l’urna che decreterà, a breve, il futuro di un popolo.

Samantha De Martin

Samantha De Martin

È nata a Reggio Calabria. Dopo aver conseguito la maturità classica si è laureata in Scienze Umanistiche. Specializzata in Linguistica, ha maturato la passione per il giornalismo grazie ad uno stage nella redazione della rivista “Progress” scrivendo di cultura e viaggi. Ha collaborato con il quotidiano “Cinque giorni” occupandosi della cronaca di Roma. Nel 2008 la passione per la scrittura l’ha condotta alla pubblicazione del romanzo “Pantarei”, vincitore dei premi “Anassilaos” e “Calarco”.