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HomeCronaca Spampinato (Ossigeno): “L’irruzione alla Stampa ricorda gli attacchi squadristi del periodo fascista”

“L’irruzione alla Stampa
ricorda gli attacchi
dello squadrismo fascista”

Spampinato, direttore di Ossigeno

“Sì alle critiche, ma senza violenza”

di Flavia Falduto30 Novembre 2025
30 Novembre 2025

Alberto Spampinato, presidente dell'osservatorio Ossigeno per l'informazione

“Siamo di fronte a diecimila querele pretestuose e intimidatorie presentate ogni anno in Italia. Se considerassimo questi dati non parleremmo di 8 mila giornalisti minacciati in 19 anni, ma di molte migliaia di più”. Lo afferma Alberto Spampinato, direttore dell’osservatorio Ossigeno per l’informazione, che nella sua intervista a Lumsanews fa il punto sulle minacce subite dai giornalisti negli ultimi anni. A partire dall’irruzione degli antagonisti pro-Pal al quotidiano torinese La Stampa

Come valutate gli episodi intimidatori contro i giornalisti e perché l’irruzione a La Stampa rappresenta un caso particolarmente allarmante?

“Per ogni episodio ci accertiamo sullo svolgimento dei fatti. Lo inquadriamo in base alle osservazioni che facciamo tenendo conto di vari parametri. L’assalto alla redazione del quotidiano La Stampa è la minaccia più grave degli ultimi anni contro un giornale. Deve attirare particolare attenzione sia per la dimensione – dal momento che ha coinvolto l’intera redazione – sia per le modalità con cui si è svolta. Un atto che ricorda gli attacchi squadristi del periodo fascista. Questo modo di attaccare i giornali è proprio di quell’epoca in cui ci si esprimeva anche politicamente con la violenza. È assolutamente legittimo criticare i giornali, soltanto che le critiche possibili e accettabili sono quelle espresse senza ricorrere alla violenza, che per noi è un discrimine assoluto alla libertà di espressione”.

Era prevedibile un attacco del genere?

“Secondo vari osservatori, questo attentato si poteva prevenire. Bastava far presidiare la redazione della Stampa da parte della polizia. Il fatto che il quotidiano fosse un obiettivo sensibile era evidente anche perché alcuni giornalisti erano stati minacciati da questi gruppi nei giorni precedenti. Speriamo che saranno spiegati i motivi per cui non c’è stata protezione. Questo è un aspetto importante per tutte le recenti minacce. Anche per l’attentato a Sigfrido Ranucci (conduttore di Report, ndr.) è emerso un aspetto simile”.

Che cosa, nel dettaglio?

“Dopo l’attentato si è appreso che Ranucci, che già si sapeva vivesse in una condizione di pericolosità e fosse minacciato, non aveva un’adeguata protezione. Infatti, solo in questi giorni, dopo la sua audizione alla Commissione parlamentare antimafia, gli è stata fornita una scorta più adeguata. Questi episodi ripropongono ancora una volta il problema di valutare più adeguatamente le condizioni di rischio in cui vivono alcuni giornalisti”.

Cosa si dovrebbe fare?

“Bisogna segnalare anche gli episodi minori e occorre trovare modalità di protezione più adeguate anche per quelli che non sono minacciati di morte, ma che hanno paura ogni volta che devono mettere il naso fuori casa perché hanno ricevuto intimidazioni, minacce gravi anche per le loro famiglie. È un tema di cui il dibattito pubblico si dovrebbe occupare di più. Non si dovrebbe parlare di queste cose solo quando succedono episodi di estrema gravità come questi”.

Secondo i dati del vostro ultimo rapporto annuale, le minacce ai giornalisti sono aumentate del 78% rispetto al 2024. Quante ne avete monitorate negli anni?

“Ne abbiamo segnalate 8mila dal 2006 a oggi, mentre nei primi sei mesi di quest’anno abbiamo rilevato 361 giornalisti minacciati. Il perché sia avvenuto questo aumento probabilmente dipende dal fatto che si è diffuso un clima che incoraggia quelli che pensano di limitare l’attività dei giornalisti minacciandoli. Inoltre, ci sono stati più episodi che riguardano collettivamente gruppi di cronisti. Parliamo di intere redazioni di piccoli giornali. Questo spiega perché la Lombardia nei primi sei mesi del 2025 e anche nell’anno precedente è risultata dalle nostre rilevazioni la regione con il numero più alto di minacce”. 

Riuscite a rilevare tutti gli episodi intimidatori?

“Purtroppo no. Nelle nostre statistiche non ci sono tutte le querele temerarie e le cause per danni da risarcimento infondate che vengono presentate ogni anno e che sono evidenti violazioni della libertà di stampa. Ma siamo riusciti comunque a valutarle in base agli unici dati pubblicati dal dopoguerra a oggi sull’andamento dei processi: quelli forniti dal ministero della Giustizia nel 2016, poi aggiornati dall’Istat nel 2019”.

Sono dati preoccupanti.

“Sì, il problema è molto serio. Ma ciò che lascia a desiderare è il modo in cui se ne parla. Anche i giornalisti e i giornali parlano di questo problema come se non ci fosse o esistesse solo per i casi estremamente gravi. Oppure quando a essere minacciato è un giornalista conosciuto. Finché non supereremo questo ostacolo sarà difficile convincere il governo e il Parlamento ad assumere misure adeguate per fronteggiare la situazione”.

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