HomeInchieste Videogame e violenza, il confine stretto tra gioco e dipendenza

Videogame e violenza, il confine stretto tra gioco e dipendenza

di Rosario Federico17 Settembre 2024
17 Settembre 2024

Corri, salta, spara! Veloci, esaltanti, punitivi ma anche utili per lo sviluppo emotivo, cognitivo e sociale dei fruitori. È la doppia faccia del videogioco che genera tanti benefici e nuove competenze nei suoi fruitori, a patto che siano usati bene. Negli ultimi mesi, la stampa ha continuato ad associare i videogiochi a reazioni violente, in grado cioè di indurre un aumento dell’aggressività in chi ne usufruisce. 

L’ultimo caso è la strage di Paderno Dugnano, in provincia di Milano, dove un diciassettenne nella notte tra il 31 agosto e il 1° settembre ha ucciso in casa il fratellino e i genitori. Nella sua confessione il ragazzo ha raccontato che, quella sera, i genitori erano in casa a festeggiare il compleanno del papà mentre lui e suo fratello stavano giocando alla Playstation. Poi una volta andati a dormire, il momento della tragedia. Il ragazzo ha spiegato più volte di aver avvertito “un malessere” dentro di sé e di avere ucciso perché così avrebbe potuto “vivere in un mondo libero”. 

Un universo alternativo 

D’altronde, Il mondo videoludico offre un universo da esplorare, utile per fuggire temporaneamente alle difficoltà della vita e rifugiarsi in uno spazio distante e magico. “Molti ragazzi passano notti a fare challenge notturne, a superare dei limiti per partecipare a gare online con sconosciuti e si tolgono così il sonno, fondamentale per riprendere il mattino”, racconta a LumsaNews la presidente dell’associazione “Asso Noi diciamo No” contro bullismo e cyberbullismo. Quando i videogiochi interferiscono con aspetti prioritari del nostro benessere come il riposo e l’alimentazione, possono diventare un problema. Ad esempio uno studio condotto da Tiia Tulviste dell’Università di Tartu, in Estonia, e pubblicato su “Frontiers in Developmental Psychology” ha rivelato come lo sviluppo linguistico dei bambini sia inferiore se si passa troppo tempo davanti a uno schermo.  

Dunque il videogioco “violento” può influenzare lo stato d’animo del ragazzo? La letteratura scientifica è divisa sulle conseguenze: dall’aumento dell’aggressività alla riduzione dello stress. Sui ragazzi la famiglia ha le principali responsabilità: deve comprendere perché sia importante osservare il gioco e passare tempo con loro, ridurre i tempi in cui l’adolescente si isola e stabilire delle regole e dei tempi da rispettare con loro, è fondamentale. Così come trovare un punto di comunicazione tra ciò che sta vivendo il ragazzo che può vivere un disagio più profondo da scaricare sulle bellezze del videogioco e il mondo esterno. 

La ricerca di una motivazione 

L’opinione pubblica sta cercando da settimane una motivazione per quanto è avvenuto a Paderno Dugnano. Una tragedia che ha sconvolto tutti, nonostante la quotidiana esposizione alla violenza sin dalla nostra infanzia, attraverso l’esposizione a qualsiasi tipo di media: la televisione, il telefonino e appunto il videogioco. 

A distanza di giorni dalla tragedia di Paderno non si trova un movente convincente. L’opinione pubblica è traumatizzata anche perché si parla di un ragazzo che non sembra abbia avuto in passato problematiche di alcun tipo. “La natura umana ci porta a cercare l’origine di quanto accaduto. Ritengo invece che non per forza sia necessaria una motivazione dietro un comportamento sociale anche di questa gravità”, spiega il criminologo Cosimo Sidoti. Non si può pensare a un’influenza del videogioco tale da stabilire una causa-effetto sulla violenza compiuta. Attribuire quindi la causa a un’azione che l’adolescente può aver visto e affrontato in un videogioco, in una serie tv o in un film è banale. “C’è stato qualcosa che nella vita di questo ragazzo non ha funzionato: la famiglia, la scuola, gli amici, la fidanzata. Qualcosa che si è sedimentato e ha causato quello che è successo”, evidenzia lo psicologo clinico Giovanni Oropallo.           

Due facce della stessa medaglia 

“I videogiochi che si basano sulla storia possono essere utili per prevenzione di psicopatologie, ma creano anche una mentalità di gruppo che porta alla discussione e alla riflessione”, spiega Angelo Mirra, psicologo e Phd Student in videogiochi ed educazione alla Lumsa. 

In casi estremi però, quando si lasciano sole persone che hanno fragilità psichiche o a rischio di un esordio psicopatologico, si possono emulare certe azioni viste sullo schermo. Il ragazzo può riconoscersi nel personaggio che controlla nel videogioco e può portarlo con sé. Da una parte quindi il videogioco come divertimento, un ponte per fare nuove amicizie. Dall’altra parte l’eccesso rappresentato dal riconoscersi nell’atto violento. La frustrazione ricevuta durante un gioco online aumenta l’aggressività dei ragazzi, soprattutto durante le challenge dove si imita il protagonista del videogioco per vincere online. Così come ammonisce la criminologa Silvia Morrone: “L’identificazione può comportare una modifica dei nostri pensieri, delle azioni che li seguono e quindi si emula ciò che si vede nel videogame”.

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