Smoke billows from the scene of a suicide bomb attack in Kabul, Afghanistan, 27 January 2018. A huge explosion rocked Kabul on 27 January, killing at least 40 people and injuring several dozens people. ANSA/HEDAYATULLAH AMID

Sangue in Afghanistanattacco talebano a Kabul contro un'accademia militare

Due kamikaze si fanno esplodere è il quarto attentato in nove giorni

Ancora sangue in Afghanistan: questa mattina almeno nove persone sono rimaste uccise, questo il bilancio provvisorio, nell’attacco compiuto da un gruppo di terroristi alla Marshal Fahim National Defense University di Kabul, una prestigiosa accademia militare nella capitale afgana.

L’assalto è durato almeno sette ore. Secondo quello che racconta il ministero della Difesa generale Dawlat Zawiri dalle prime ricostruzioni, ci sarebbe stata un’esplosione probabilmente causata da alcuni kamikaze all’ingresso del palazzo che ha permesso al resto del commando di penetrare nell’edificio. Nello scontro tra terroristi e militari, i soldati sarebbero riusciti a catturare uno degli attentatori.

“Sono membri della Rete Haqqani, qaedisti addestrati in Pakistan” dicono fonti governative, nonostante il Califfo Nero dell’Afghanistan abbia immediatamente rivendicato l’attentato.

Ciò che è certa è l’emergenza sicurezza con cui il governo di Ashraf Ghani deve fare urgentemente i conti: questo è il quarto attentato sul suolo nazionale in 9 giorni. Il 20 gennaio i Talebani avevano attaccato l’Hotel Intercontinental di Kabul uccidendo 40 persone, tra cui 14 stranieri. Mercoledì scorso una bomba dell’Isis ha colpito la sede della Ong Save The Children a Jalalabad City, nell’est del Paese, causando la morte di sei operatori locali. Il più grave attacco è invece avvenuto sabato a Sadarat Square, nella zona occidentale della città, con un’autobomba ha causato 103 morti.

La brutalità dell’attacco ha spinto un gruppo di Talebani in contrasto con l’Isis a condannare l’attentato: in un comunicato, il capo di questo gruppo, Mullah Rasoul, ha “denunciato l’attacco codardo” unendosi al dolore delle famiglie dei morti e dei feriti. Questo perché, ha ricordato, il Mullah Omar – ex capo dei fondamentalisti afgani, morto nel 2013 –  aveva sempre raccomandato di “prestare molta attenzione” alle vite dei musulmani durante il conflitto. Il nostro obiettivo, ha concluso, “sono gli stranieri non la gente comune, e noi siamo fortemente contrari a questo triste fenomeno in cui la gente normale è uccisa in attacchi terroristici e dalle autobomba”.

Dopo diciassette anni di guerra più del 40% del territorio afgano è ancora sotto il controllo di gruppi terroristici. La pace nel martoriato Afghanistan non è mai stata più lontana.

William Valentini

Si laurea in Scienze Politiche con una tesi sullo sviluppo delle politiche sportive in Urss. Considera lo sport una manifestazione sociale, non una mera competizione. Ha collaborato con diverse testate on line e con la rivista Ama Roma, raccontando i club sportivi romani. Adesso scrive su Crampi Sportivi.