HomeEsteri Brexit, show della May. La premier sfida Johnson per riconquistare il partito

Brexit, show della May
La premier sfida Johnson
per riconquistare il partito

Il primo ministro si riprende la scena

"Il futuro del Paese nelle nostre mani"

di Valerio Toma04 Ottobre 2018
04 Ottobre 2018

Theresa May prova a riconquistare il suo partito a passo di danza. Sulle note di “Dancing Queen”, uno dei grandi successi del gruppo svedese Abba, la premier inglese ha stupito la platea del congresso di Birmingham, strappando ai delegati conservatori applausi e risate. Una danza goffa ma efficace, che con autoironia richiama al suo soprannome Maybot, ovvero il robot-May. Durante la conferenza, tra battute e balli, la prima ministra inglese è riuscita a rubare la scena a Boris Johnson, il suo più grande rivale. Due giorni fa l’ex ministro degli Esteri aveva infatti giudicato il piano della Soft Brexit di Theresa May come una “truffa” .

Contro i toni infuocati del deputato conservatore, la premier britannica usa la carta della conciliazione. Da Birmingham lancia un messaggio per il recupero dell’unità del partito, in modo da ottenere, entro il 29 marzo 2019, un accordo con l’Unione Europea rispettoso degli interessi nazionali del Paese . «Il futuro è nelle nostre mani, ma se andiamo in diverse direzioni alla ricerca della Brexit perfetta, rischiamo di non avere nessuna Brexit», ha dichiarato May.

Tuttavia l’inquilina di Downing street ha avvertito l’Ue, ribadendo che Londra pretenderà rispetto e non accetterà una soluzione che tradisca il referendum del 2016. E sul possibile ritorno al voto la May ha chiuso ogni possibilità: «Abbiamo già avuto un voto popolare e il popolo ha scelto. Un secondo sarebbe un voto politico».

Theresa May non ha escluso un “no deal”, un’uscita senza accordo, ma ha anche avvertito sulle possibili conseguenze per l’economia britannica. Chiusura totale, invece, sulla libertà di movimento dei cittadini europei. «Finirà una volta per tutte», ha ribadito May, aggiungendo che il diritto di muoversi dipenderà dalle “qualifiche dei lavoratori” e non “dal Paese di provenienza”.

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