Quotidiani, calo delle vendite e redazioni falcidiate dai prepensionamenti. L’anno zero dell’editoria italiana

Se il futuro è sul web, il presente, sulla carta, appare tragico. La grande stampa italiana piange miseria, registrando un calo delle vendite che sembra inarrestabile. Tra novembre e dicembre 2012 i dati diffusi da Ads (Accertamento diffusione stampa) hanno quasi tutto il segno meno, caratteristica ormai costante da un anno a questa parte.

Si passa dal -5,5% del Corriere della Sera e dal -2,9% deLa Repubblicaal -3,6% della Gazzetta dello Sport, al -2% deLa Stampae al -2,8% del Messaggero. Crollo per il Sole 24 Ore, ch segna un -8,6% (la quota di abbonati però, secondo i dati diffusi dall’editore si attesterebbe intorno alle 100 mila copie). Tra i grandi giornali si salvano solo Il Fatto Quotidiano (+0,9%), Il Secolo XIX (+0,9%) e L’Unità (+1,2%), quest’ultima però dimezzata rispetto a 3 anni fa.  Stando alle copie vendute poi,il Corriere della Sera si conferma al primo posto con 367.624 copie, seguonoLa Repubblica(343.485),La Gazzettadello Sport (207.451). QuartoLa Stampa(205.196), quinto il Messaggero (163.364).

L’inverno delle redazioni quindi, passerà molto probabilmente attraverso gli ormai famosi piani di rientro, che significa nella logica con cui si sono mossi finora i grandi editori, organici falcidiati e tagli del personale. A cominciare proprio dai giornalisti. Dopo il quotidianoLa Stampa, che, secondo le indiscrezioni rilanciate dal sito Dagospia, starebbe approntando un piano di salvataggio che prevede un taglio di oltre 100 giornalisti; negli ultimi giorni Rcs Media group, editore del Corriere della Sera, ha annunciato il taglio di 800 posti di lavoro, la chiusura di 10 periodici, e il probabile trasferimento dalla storica sede di via Solferino. Nelle scorse settimane è toccato al gruppo Espresso annunciare il licenziamento di 30 redattori dell’omonimo settimanale. E questo fronte di una crescita degli utili. A pagare dunque, sono sempre i giornalisti, e questo in assenza di veri e propri piani di rilancio industriale. Un paradosso che si evidenzia con l’ormai prassi costante degli ‘stati di crisi’.

Dal 2009, quando l’allora ministro Sacconi varò una legge ad hoc per consentire ai giornali di liberarsi con i soldi pubblici dei cronisti più anziani e meglio pagati, sono circa una cinquantina le aziende che lo hanno chiesto, ottenendolo. Dentro quella lista ci sono tutti i grandi quotidiani e le agenzie di stampa: il Corriere della Sera,la Repubblica, Il Messaggero, Il Sole 24 Ore, Avvenire, l’Ansa e via elencando in tre anni hanno mandato in prepensionamento centinaia di lavoratori e messo in cassa integrazione o sotto contratto di solidarietà altre migliaia.