Pronto soccorso dell?ospedale Molinette, Torino, 06 marzo 2020. ANSA/ALESSANDRO DI MARCO

Il piano della Lombardiaper liberare gli ospedali"Dimettere chi è stabile"

I posti in terapia intensiva non bastano I medici: "Salviamo chi può farcela"

“Si cerca di salvare la pelle solo a chi ce la può fare, come in guerra”. Christian Salaroli, anestesista rianimatore di Bergamo intervistato dal Corriere, va dritto al punto: in Lombardia non si possono più curare tutti. La delibera varata ieri dalla regione ridisegna il quadro organizzativo, la priorità è liberare il più possibile gli ospedali. La giunta straordinaria guidata dal governatore Attilio Fontana e dall’assessore alla Sanità, Giulio Gallera, ha ordinato di tirar fuori più velocemente possibile i pazienti dalle terapie intensive, stabilizzarli e far continuare il loro percorso di cura in strutture specializzate in riabilitazione pneumologica o nelle sedi delle organizzazioni sociosanitarie, come le case per anziani, che verranno dedicate ai malati di Covid-19.

In Lombardia continuano ad aumentare i posti nelle terapie intensive, ma senza riuscire a tenere il ritmo dell’aumento dei contagi. Oggi, tra letti ricavati nelle sale operatorie e nei corridoi, ci sono 497 posti in tutta la regione. “Non si fa in tempo a crearli”, spiegano dall’Unità di crisi. Il problema principale è che le rianimazioni servono normalmente ad altri pazienti non affetti da Coronavirus: dagli incidenti gravi ai pazienti con emorragie cerebrali o con urgenze cardiologiche. Gli ospedali lombardi, in primis quelli di Bergamo, Cremona e Lodi, rischiano di non farcela più e di dover iniziare a trasferire i pazienti altrove. Così la soluzione, per ora, è la dimissione lampo per chi ha altre patologie (non il Coronavirus), un quadro clinico stabile e una temperatura sotto i 37°.

Tra gli ospedali più in difficoltà c’è quello di Bergamo, dove lavora Salaroli. “Il sistema non è in grado di farsi carico di ordinario e straordinario – spiega l’anestesista – normalmente la chiamata per un infarto viene processata in pochi minuti, in questo momento si può aspettare anche più di un’ora”. Il medico racconta le valutazioni giornaliere che vengono fatte nell’emergenza: “Se una persona tra gli 80 e i 95 anni ha una grave insufficienza respiratoria, verosimilmente non procedi. Se ha una insufficienza multi organica di più di tre organi vitali, significa che ha un tasso di mortalità del 100 per cento, purtroppo non siamo in condizione di tentare miracoli – conclude Salaroli – Ormai è andato”.

Tommaso Coluzzi

Tommaso Coluzzi è nato e cresciuto a Roma, ha ventiquattro anni, un sacco di macchinette fotografiche ed una laurea in Comunicazione. Ama scrivere di tutto e si interessa, in ordine sparso, di dinamiche culturali internazionali, cinema, musica e tutto ciò che è catalogabile in ambito artistico