Google vince il ricorsosul diritto all'oblioCorte Ue: "Non è universale"

No all'obbligo di rimozione su tutte le versioni del motore di ricerca

La Corte di giustizia Ue dà ragione a Google: qualora i motori di ricerca dovessero accogliere una richiesta di “diritto all’oblio” da parte di un utente non sono obbligati ad applicarla in tutte le loro versioni. Rimane quindi la possibilità che, in una versione di un altro Stato, le notizie di cui si è richiesta la deindicizzazione potrebbero essere ancora visibili. La decisione interessa anche i gestori dei motori di ricerca ai quali è vietato trattare determinati dati sensibili.

Con questa sentenza la Corte costituzionale sottolinea che il gestore di un motore di ricerca non è responsabile del fatto che dei dati personali sensibili compaiano su una pagina web se pubblicata da terzi. È però responsabile dell’indicizzazione di tale pagina e della conseguente verifica sull’inserimento dei link nell’elenco dei risultati. Per quanto riguarda i procedimenti penali, qualora non si potesse accogliere una determinata domanda sul “diritto all’oblio” , il gestore del motore di ricerca è comunque tenuto a controllare l’elenco dei risultati, in modo tale che i risultati globali mettano in evidenza la situazione giudiziaria attuale facendo comparire per primi i link verso pagine contenenti che contengono informazioni più recenti.

“Dal 2014 ci siamo impegnati per implementare il diritto all’oblio in Europa e per trovare un punto di equilibrio tra il diritto di accesso all’informazione e la privacy. È bello vedere che la Corte ha condiviso le nostre argomentazioni” ha commentato la notizia Peter Fleischer, Senior Privacy Counsel di Google. Molti Stati non riconoscono questo diritto o lo applicano in maniera diversa allo stato attuale, ne consegue che per il gestore di un motore di ricerca che accoglie una richiesta di deindicizzazione su ogni versione.

La prima sentenza della Corte arriva a seguito del ricorso di Google Inc, contro la multa da 100mila euro ricevuta dal Commissione nazionale dell’informativa e delle libertà francese per essersi rifiutato di applicare la “deindicizzazione” dei link, ad ogni versione del suo motore di ricerca.  I giudici del Lussemburgo sottolineano inoltre che per rispettare pienamente il diritto all’oblio sarebbe necessaria un’operazione a livello mondiale.

Chiara Viti

Classe 1993. Ha studiato Filosofia a Roma e si è specializzata in Editoria e Giornalismo. Si è avvicinata al mondo della comunicazione lavorando come Ufficio Stampa, poi uno stage nella redazione di Report (Rai 3). Adesso è giornalista praticante presso la Lumsa Master School.