ROMA – Questa volta la frenata al Ponte sullo Stretto non era arrivata dalle opposizioni ma da oltreoceano. Con grande sorpresa tra i membri dell’esecutivo guidato da Giorgia Meloni, gli americani si erano detti contrari al conteggio delle risorse investite per il Ponte – circa 13,5 miliardi di euro – nel novero delle spese militari Nato. Uno stop inatteso, specie dopo il via libera del Cipess (Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica e lo Sviluppo Sostenibile) al progetto definitivo del Ponte che collegherà Calabria e Sicilia.

La nota del Mit: “Ponte già finanziato, non prevediamo fondi Nato”
“Il Ponte sullo Stretto è già interamente finanziato con risorse statali e non sono previsti fondi destinati alla Difesa”. La replica arriva direttamente da una nota del ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti. “Al momento – chiarisce il Mit – l’eventuale utilizzo di risorse Nato non è all’ordine del giorno e, soprattutto, non è una necessità irrinunciabile. L’opera non è in discussione”.
Gli Usa frenano: “Non rientra tra le spese Nato”
Ieri l’agenzia Bloomberg aveva intervistato l’ambasciatore degli Stati Uniti presso l’alleanza atlantica, Matthew Whitaker. L’ex ministro della Giustizia nel primo mandato Trump aveva fatto capire che la Casa Bianca non chiuderà un occhio di fronte a operazioni di contabilità “creative” da parte degli alleati Ue. Il nodo è l’obiettivo di spesa Nato del 5%, che il governo italiano avrebbe intenzione di raggiungere anche attraverso gli ingenti costi per la realizzazione del collegamento tra Sicilia e Calabria.
“Alcuni Paesi Nato stanno adottando una visione molto ampia della spesa per la difesa – ha detto Whitaker – Ma è molto importante che l’obiettivo del 5% si riferisca specificamente alla difesa e alle spese correlate”. Come a voler chiarire che gli Usa non avalleranno iniziative che prevedono un utilizzo “originale” dei fondi Nato. Il governo italiano si è detto più volte convinto del fatto che il ponte tra Calabria e Sicilia agevolerebbe il movimento delle forze armate italiane e alleate, rafforzando la sicurezza nazionale e internazionale. Resta da capire se Roma riuscirà a forzare la mano con Washington.