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Rajoy: "La secessione?
Puigdemont confermi"
L'Europa al fianco di Madrid

Parigi e Berlino contro la scissione

Gentiloni: "Rispettare stato di diritto"

di Lorenzo Capezzuoli Ranchi11 Ottobre 2017
11 Ottobre 2017

Mariano Rajoy dal palazzo della Moncloa, sede della Presidenza del Consiglio spagnola, alle 12:00 di oggi ha chiesto formalmente al governo catalano del “signor Puigdemont, di confermare la dichiarazione di indipendenza” ma per il momento ha deciso di non applicare l’articolo 155 della costituzione spagnola, sebbene sembri la possibilità più probabile.

Per il premier spagnolo “è urgente mettere fine alla situazione che si sta vivendo in Catalogna e che torni la stabilità e la tranquillità nel più breve tempo possibile. Serve procedere con prudenza e responsabilità”, spiega nella sua conferenza stampa.

Il Psoe, il principale partito di opposizione al governo spagnolo, ha comunicato la sua decisione di appoggiare, tramite le parole del segretario socialista Pedro Sanchez, “le misure costituzionali” che prenderà il premier Mariano Rajoy nella crisi catalana se la risposta del presidente Carles Puigdemont al suo ultimatum sarà negativa.

Nel corso del pomeriggio, diverse condanne alla condotta catalana sono arrivate dall’Europa, quella stessa UE cui la Catalogna chiedeva supporto per dare maggior peso e valenza alla sua dichiarazione di indipendenza: la Commissione UE “sostiene gli sforzi per superare le divisioni e la frammentazione e assicurare l’unità e il rispetto della Costituzione spagnola”. Lo ha affermato il vicepresidente dell’esecutivo comunitario Valdis Dombrovkis dopo gli ultimi sviluppi in Catalogna. “Abbiamo fiducia nelle istituzioni spagnole, nel premier Rajoy, con cui il presidente Juncker è in contatto costante, e in tutte le forze politiche che stanno lavorando verso una soluzione nel quadro della costituzione spagnola”. Dalla Germania della neo ri-eletta Angela Merkel, arriva il commento della sua portavoce, Ulrike Demmer: “Una dichiarazione di indipendenza della Catalogna sarebbe illegale e non sarebbe riconosciuta”. E anche Parigi si schiera a favore dell’unità di tutta la Spagna: “Ogni dichiarazione unilaterale di indipendenza da parte delle autorità catalane sarebbe illegale e non potrebbe in alcun caso essere riconosciuta”, si legge in una nota diffusa dal ministero degli Esteri della Francia. “Continuiamo ad essere preoccupati per la situazione in Catalogna, dopo le dichiarazioni di Carles Puigdemont”, continua la nota transalpina, aggiungendo: “Ogni soluzione a questa crisi va trovata nel quadro costituzionale spagnolo. L’unità e la legalità costituzionale vanno rispettate e tutelate”.

Anche il Premier italiano Paolo Gentiloni, in conferenza stampa con l’omologo albanese Edi Rama è tornato sulla vicenda: “Bisogna sottolineare la necessità di rispettare il quadro costituzionale e le leggi. E l’appello al dialogo per evitare escalation ingiustificate e pericolose deve svilupparsi nella cornice della costituzione spagnola e del rispetto dello stato di diritto spagnolo”.

Il nuovo capitolo nella vicenda dell’indipendenza catalana si è aperta ieri sera. “Come presidente della Generalitat, assumo il mandato perché la Catalogna si trasformi in una Repubblica indipendente”. Con queste parole ed una firma sulla DUI (la dichiarazione unilaterale di indipendenza), il presidente catalano Carles Puigdemont ha confermato lo strappo e la scissione dalla Spagna, anche se la dichiarazione di indipendenza è sospesa.

Il Presidente catalano Carles Puigdemont nel suo discorso al Parlamento della regione a Barcellona, il 10 Ottobre 2017. ANSA/ALBERTO ESTEVEZ

Nello stesso discorso, il presidente della Generalitat ha confermato che la regione “sospende la dichiarazione di indipendenza per avviare il dialogo (con il governo spagnolo), perché in questo momento serve a ridurre la tensione”. “Il governo della Catalogna – ha continuato lo stesso Puigdemont ieri sera davanti all’assemblea del parlamento regionale – sta facendo un gesto di responsabilità e generosità: se nei prossimi giorni tutto il mondo agirà con la stessa responsabilità, tutto si potrà svolgere con calma e nel rispetto dei cittadini”.

La linea quindi è tracciata: la Generalitat e la sua leadership passano la palla agli unionisti, al Re Felipe VI, al premier Mariano Rajoy. La prima reazione però viene direttamente dalla stessa aula che ha visto concludere il discorso di Puigdemont: la leader dell’opposizione della Catalogna, Inés Arrimadas ha definito gli avvenimenti come “la cronaca di un golpe annunciato”, additando gli indipendentisti come “i peggiori nazionalisti d’Europa”.

Nel silenzio di Madrid, dietro alle porte chiuse del governo, le reazioni del premier Mariano Rajoy vengono affidate a una indiscrezione pubblicata dal quotidiano El Pais, sul suo portale internet: secondo il giornale spagnolo, il governo considera le parole di Puigdemont una vera e propria dichiarazione di indipendenza, lasciando presagire una dura risposta, già in cantiere, alle dichiarazioni provenienti da Barcellona.

“Nessuno può accettare una legge che non esiste, dare validità ad un referendum che non è avvenuto né appropriarsi della volontà di un popolo intero”. Così in un tweet la vicepremier spagnola Soraya Sáenz de Santamaría. Il braccio destro del Premier Rajoy poi continua: “Il dialogo tra i democratici si svolge sotto la legge e non inventando le regole che favoriscano una parte rispetto all’altra”.

La stessa vicepremier, assieme allo stato maggiore del governo Rajoy è riunito da stamattina in una riunione per decidere quali mosse mettere in atto dopo l’indipendenza catalana, sancita e immediatamente sospesa ieri notte. Inviare in loco l’esercito? Applicare gli articoli 116 (che regola lo stato di eccezione) e/o 155 (sulla sospensione dell’autonomia catalana) della costituzione spagnola? Oppure accettare i termini? Fra le tre, di certo questa ultima sembra davvero la meno credibile: sapremo tutto oggi pomeriggio, quando il premier Rajoy riferirà al Parlamento spagnolo sulla vicenda. Per l’applicazione del 155 ci vuole il via libera del Senato, dove il Partito popolare del premier ha la maggioranza assoluta, per il 116 è necessario quello del Congresso, dove il governo è in minoranza. Ad alimentare il fuoco intestino della penisola iberica ci pensa il portavoce dell’esecutivo catalano, Jordi Turull, che stamane ha dichiarato a Catalunya Radio che se il governo spagnolo applicherà “il 155, vuol dire che non vogliono il dialogo, e sarà chiaro che dobbiamo essere coerenti con i nostri impegni”.

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