Sono i carabinieri gli angeli custodi dei nostri beni culturali: un grande impegno apprezzato anche all’estero

Recentemente nominato Comandante dei carabinieri per la Tutela Patrimonio Culturale (TPC), il generale di brigata Mariano Mossa, in un’intervista al periodico diretto da Giacomo Cesario – Europa 2000 – ha esposto risultati e obiettivi di un’istituzione nata 43 anni fa con lo scopo di tutelare il patrimonio storico-artistico nazionale e di recuperare i beni culturali trafugati.

Il nuovo Comandante e la cooperazione internazionale. «Il mio impegno – ha detto Mossa – sarà quello di assicurare il senso della continuità all’Istituzione, puntando sulla valorizzazione del fattore umano che ritengo sia un aspetto imprescindibile di un organismo nel quale la motivazione dei componenti deve essere alimentata dall’aggiornamento e dall’incessante ricerca». Il Comandante ha poi spiegato in virtù di quale meccanismo i suoi uomini siano soliti collaborare con le polizie di altri stati europei: infatti «per raccogliere ulteriori prove o recuperare le opere, e al fine di compiere indagine per la persecuzione dei reati, l’autorità Giudiziaria italiana emette una “commissione rogatoria internazionale” con la quale richiede assistenza all’Autorità giudiziaria dello Stato ove è stato individuato il bene. Il ricorso a tale procedura negli ultimi anni è stato sempre più frequente e costituisce il sistema cardine per ottenerne la restituzione».

Un impegno quotidiano. Ma come opera in pratica il Comando TPC? «Le attività volte al recupero dei beni culturali illecitamente sottratti – ha raccontato Mossa – sono molte differenziate e spaziano da quelle investigative “pure” ad altre, basate sul controllo di siti archeologici e paesaggistici delle attività commerciali del settore, fisse e ambulanti, dei cataloghi delle case d’asta, dei siti internet dedicati allo specifico “e-commerce”, nonché sulla verifica della sicurezza dei musei, biblioteche ed archivi, per la prevenzione del rischio criminale». Un compito, quest’ultimo, portato a termine non solo grazie a strumenti tecnologici che permettono di verificare, in tempo reale, l’eventuale provenienza illecita dei beni visionati, ma anche attraverso una banca dati – la più grande a livello mondiale – che custodisce una mole impressionante di immagini e dati informatizzati.

I furti nei luoghi di culto. «Le chiese sono una realtà sensibile, in cui i reparti dei Nuclei Carabinieri TPC profondono un costante impegno operativo; prova ne sono i cospicui recuperi di beni chiesastici effettuati negli anni». Una piaga, quella dei furti in chiese e monasteri, di cui il Comandante è pienamente cosciente: «L’esame dei dati statistici, estratti dalla nostra banca dati, evidenzia ancora una volta come le chiese e gli istituti religiosi rappresentano circa il 38% del numero complessivo dei furti perpetrati sul territorio nazionale. La suddivisione geografica dei furti nelle chiese, vede quali regioni più colpite, in ordine decrescente, il Piemonte,la Lombardia, la Toscana. Le difficoltà di tutela – ha evidenziato Mossa – sono legate a molteplici fattori e, quindi, per contrastare tale minaccia criminale, è necessaria l’ideazione e lo svolgimento di mirate attività preventive sia nei confronti dei beni religiosi mobili, sia dei luoghi in cui questi sono custoditi».


Fabio Grazzini