Stimoli motori e cognitivi per posticipare l’Alzeimer
L’ambiente arricchito è la “cura” per i pazienti e per lo Stato che così risparmierebbe 50 miliardi l’anno

Non c’è ancora una cura disponibile contro l’Alzheimer, ma prevenire e procrastinare l’avanzamento di tale malattia è possibile. È dimostrato. Lo rende noto il Professor Lamberto Maffei, neurobiologo e presidente dell’Accademia Nazionale dei Lincei, presentando in una conferenza i risultati di alcune indagini scientifiche condotte in un centro di ricerca pisano.
Alcuni anziani tra i 65 e gli 89 anni, in buona salute ma con un danno cognitivo minimo, divisi in gruppi da dieci persone, sono stati selezionati e sottoposti per sette mesi a regolari esercizi motori – aerobica molto leggera, passeggiate di circa due chilometri – e cognitivi –  lettura e memorizzazione, racconto di storie, musicoterapia, visione di film e discussione postuma. In questo arco di tempo,  cinque esami hanno registrato i risultati dei pazienti in termini (tra gli altri) di rotazione mentale, memoria spaziale, categorizzazione, ragionamento logico, memoria visiva, memoria per parole, attenzione acustica: “i primi risultati sul cognitivo arrivano già solo dopo tre mesi e in sette mesi la situazione è molto migliorata”, annuncia Maffei anche se su 41 soggetti “uno o due non migliorano”.

 Dunque, stimolare per posticipare la demenza senile. “Un matematico direbbe che il cervello guarda solo le derivate, le costanti le salta”, esemplifica il Presidenti dei Lincei sottolineando l’importanza di tenere il cervello in costante esercizio, affinché sia sempre pronto e reattivo. “Tutti gli stimoli sono buoni”, la distinzione tra l’uno e l’altro avviene in termini di “efficacia”, meglio quelli in cui il soggetto ha un ruolo attivo di interpretazione. “Il cervello ha bisogno di vita, di un ambiente ricco di stimoli, non c’è niente di misterioso”, continua Maffei. “In questo modo si attiva una farmacologia endogena”, cioè autoprodotta dall’organismo, che agisce “nel posto giusto al momento giusto. È questa una parte della medicina del futuro: l’attenzione a un ambiente curativo, ricco di stimoli utili”.

In Italia sono almeno un milione gli individui affetti da Alzheimer, nel mondo 36. Più precisamente circa il 10% degli uomini e donne sopra i 75 anni, il 20% degli ottantenni, il 30% di chi si aggira sugli 85 e un novantenne su due. Ma la quota dei soggetti affetti da demenza senile è sicuramente superiore a quella di cui si ha conoscenza perché, spiega Maffei, in molti non denunciano la malattia. Secondo il Consiglio delle Ricerche Europeo un malato di Alzheimer costa più di 50mila euro per anno ma “solo il governo inglese e il governo americano hanno messo l’Alzheimer all’ordine del giorno come problema dello Stato. In Italia non se ne parla neanche”, denuncia il Presidente dei Lincei, ricordando che tale spesa nel nostro Paese toccherebbe i 50 miliardi di euro l’anno. Somma, questa, che si potrebbe risparmiare, o per lo meno ridurre, se si investisse in strutture e politiche che pongano al centro i malati di Alzheimer, posticipandone così i danni.

Anna Serafini