HomeCronaca Il giallo dell’espulsione di Alma Shalabayeva: al Viminale e alla Farnesina qualcuno sapeva che era la moglie dell’oppositore kazako?

Il giallo dell’espulsione di Alma Shalabayeva: al Viminale e alla Farnesina qualcuno sapeva che era la moglie dell’oppositore kazako?

di Gianluca Natoli12 Luglio 2013
12 Luglio 2013

Infuriano le polemiche sull’espulsione dall’Italia della moglie dell’oppositore politico kazako Mukhtar Ablyazov, Alma Shalabayeva e di sua figlia di sei anni. La Farnesina sostiene di aver ricevuto una richiesta di espulsione proveniente dalla Questura di Roma che chiedeva informazioni circa un’eventuale copertura diplomatica della signora Alma, ma che indicava solo il nome da nubile della signora. Per questo nessun collegamento è stato fatto con il dissidente kazako, e comunque sarebbe stato impossibile farne perché la Farnesina non dispone di un registro dei cittadini stranieri presenti in Italia.


Il caso. Intanto il governo kazako assicura che la donna non è agli arresti  ma non è chiaro se e quando la signora potrà tornare in terra italiana assieme alla figlioletta ora che il provvedimento di espulsione è stato revocato dal governo Letta. Il console italiano in Kazakistan si è attivato per il caso e ha visitato la signora, secondo quanto riferisce la Farnesina, per raccogliere la sua firma sul ricorso contro il provvedimento. Dopo la revoca dell’espulsione erano scattate le mozioni di sfiducia di Sel e M5S contro il ministro dell’Interno Angelino Alfano.
Il giallo. Tutto ruota attorno a un presunto passaporto falso. Il nome Alma Ayan, con il cognome da nubile della donna è quello che compare sul documento diplomatico emesso dalla Repubblica del Centroafrica. Tuttavia il suo vero nome, stando al documento trasmesso lo scorso maggio dall’ambasciata del Kazakistan alla questura di Roma, è in realtà Alma Shalabayeva. Un motivo questo, che è bastato alla Procura di Roma per chiedere l’espulsione della donna, arrivata in Italia nel 2004 attraversando la frontiera del Brennero come immigrata clandestina. Fino a questo punto la vicenda sembrerebbe scorrere liscia come l’olio, e non presentare motivi di istanze. C’è però un fatto che ha aperto a molti interrogativi. Lo scorso 31 maggio, infatti, nell’udienza del giudice di pace di convalida per il trattenimento di Alma nel Cie di Ponte Galeria (Rm), non compariva il documento cruciale che attestava la vera identità della signora Alma. Così il magistrato ha potuto procedere in modo legittimo contro la sedicente Alma Ayan, di cui sapeva soltanto che era arrivata in Italia nel 2004 e che era stata trovata in possesso di un passaporto taroccato.
La strategia. Forse dei calcoli errati hanno penalizzato la donna. Da una parte gli avvocati di Alma non hanno prodotto nell’udienza  il passaporto kazako della donna che le avrebbe permesso di raggiungere a Londra il marito dove entrambi godono di asilo politico. Sull’altro versante, anche l’ex oligarca, nonché esule dal 2009, Mukhtar Ablyazov, ha insistito fino all’ultimo sulla finzione del passaporto diplomatico e sul nome Alma Ayan. Un gesto motivato forse dalla paura dell’uomo di essere individuato dal Kazakhistan.
Le reazioni politiche. Il caso Ablyazov è tornato di recente sotto i riflettori, a seguito delle parole del presidente del Consiglio Enrico Letta sulla vicenda. “Non sarebbero tollerate né ombre né dubbi”, aveva detto il premier invitando tutte le amministrazioni a collaborare per l’accertamento della verità. A sollevare per primo la questione è stato il deputato Nicola Molteni (Lega Nord), che ha presentato un’interrogazione alla Camera. Ciò che non aveva convinto l’onorevole sono i tempi e i modi con cui si è gestita la vicenda del rientro forzato in Kazakistan di Alma Shalabayeva: “Nel nostro Paese ci sono molti clandestini che non vengono espulsi – aveva detto Molteni – non si capisce un’azione cosi celere delle forze dell’ordine”.

Gianluca Natoli

 

 

 

 

 

 

 

 

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