L'artista e attivista saudita Danah Almayouf

"È uno Stato criminale"Parla Danah AlmayoufAttivista saudita negli Usa

Bloccati i suoi account sui social media "Le riforme sono solo cosmetiche"

Nonostante le recenti riforme promosse dal governo saudita guidato dal principe ereditario e primo ministro Mohammed bin Salman, sono decine i difensori dei diritti umani e gli attivisti condannati a morte o incarcerati per aver criticato sui social le autorità. Danah Almayouf è un’artista e attivista che abita negli Stati Uniti. Da anni denuncia su diverse piattaforme l’oppressione delle donne nel suo Paese e i crimini perpetrati dal governo e per questo i suoi account sono stati bloccati. Capelli sciolti, niente velo e sorriso sulle labbra racconta a Lumsanews, dal suo appartamento a New York, la sua esperienza: il processo in corso contro di lei, le minacce di morte, la richiesta di asilo in Usa. 

Quando ha cominciato a esprimersi contro le politiche del governo saudita?

“Quando mi sono trasferita negli Stati Uniti per studiare. Amavo l’America, era totalmente diversa dal mio Paese e proprio per questo decisi di raccontare su X (ex Twitter, ndr) l’oppressione delle donne in Arabia Saudita. Ma sapevo che il governo avrebbe cercato di farmi tacere e avevo paura di tornare a casa. Quando ho chiesto a un’organizzazione americana che si occupa di diritti umani cosa potessi fare, mi ha detto di chiedere asilo. L’ho fatto solo qualche anno dopo, nel 2016, sapendo di non poter tornare in Arabia Saudita. L’ultima volta che ci sono stata è stato nel 2012. Ho continuato a utilizzare i social per raccontare la verità su quanto accade nel mio Paese e ho iniziato a partecipare a dei programmi televisivi per commentare le condizioni delle donne mediorientali”. 

E i suoi profili social sono stati bloccati.

“Sono stata bannata da Instagram e Snapchat, dove avevo 20 mila follower, senza un motivo apparente. Al contrario, sono state accampate scuse assurde per giustificare la chiusura dei miei account. La verità è che appena il governo si accorge di una voce che può avere una discreta risonanza la mette a tacere, prima che diventi impossibile silenziarla. Non solo: come artista ho organizzato una mostra con i miei dipinti e ho segnalato l’evento all’Fbi, che mi ha assicurato che avrebbe mandato degli uomini per sorvegliare l’esibizione. Poco tempo dopo la mia mostra è stata cancellata, senza che mi venisse fornita alcuna spiegazione. Appena il governo saudita intercetta una possibilità per un dissidente di guadagnare denaro la stronca”.

Si sente al sicuro negli Stati Uniti?

“Sono fisicamente al sicuro, ma la sicurezza fisica non è tutto. Sono distrutta psicologicamente e finanziariamente, dopo che un’influencer saudita mi ha citata in giudizio per aver denunciato il governo saudita per il traffico ai fini di sfruttamento sessuale in cui lei è stata coinvolta. Il processo, che va avanti da quattro anni, viene chiaramente finanziato dall’Arabia Saudita. Nel frattempo hanno anche cercato di allontanarmi da mio marito, americano, che ha ricevuto numerosi messaggi sul mio stato finanziario. Mentre a me arrivavano minacce di morte. L’Fbi ha installato nel mio appartamento un pulsante per le emergenze, ma di fatto mi ha comunicato di non poter fare più di questo. Quando ho mostrato i messaggi minatori gli agenti mi hanno detto di non cliccare sui link né di fare screenshot. Mi sono abituata ad andare in giro guardandomi sempre le spalle”. 

Il principe ereditario Mohammed bin Salman ha però avviato una serie di riforme che aprono alle donne spazi e attività prima inaccessibili. 

“Abbiamo festeggiato quando è stato permesso alle donne di guidare. Ma poi hanno arrestato Loujain al-Hathloul, la donna che guidava il movimento per l’emancipazione femminile nel Paese. E poi hanno ucciso il giornalista Jamal Khashoggi. Il governo è fondamentalmente un criminale. Per come la vedo io, l’Arabia Saudita è una vecchia casa che cade a pezzi, e invece di ricostruirla, i regnanti coprono le pareti marce con nuova carta da parati nel tentativo di farla apparire bella. Ma in realtà è distrutta. Se davvero l’Arabia Saudita tutela le donne, perché in così tante cercano di scappare? Per me è sconvolgente che qualcuno reputi Mohammed bin Salman un riformatore. È un dittatore e tutti hanno paura di lui, non solo le donne”. 

Intanto Riad investe economicamente e politicamente in numerosi paesi in Occidente.

“Quando l’Arabia Saudita investe in un Paese, vuole possederlo. Al governo importa estendere la sua influenza nel Paese in cui investe, non tanto gli accordi economici. Controlla X, Snapchat, Instagram e quello che io vorrei spiegare è che stringere accordi con l’Arabia Saudita vuol dire anche concederle una porzione della propria sovranità. Perché opera una repressione transnazionale che attraverso la Rete continua anche sul territorio straniero”.

Veronica Stigliani

Laureata in Relazioni Internazionali presso l’Università di Bologna nel 2019 con una tesi intitolata "States and non-state actors in the Middle East", collaboro con The Euro-Gulf Information Centre (EGIC), OSMED-Osservatorio sul Mediterraneo e La fionda.