Gli affari di Fiorito con i soldi pubblici

Resta in carcere l’ex capogruppo del Pdl Franco Fiorito. L’accusa è quella di peculato e non di appropriazione indebita, come vorrebbe il suo legale Carlo Taormina, perché all’ex sindaco di Anagni è stato riconosciuto il profilo di soggetto pubblico e non privato. Gli arresti domiciliari quindi, non sarebbero sufficienti secondo il gip Stefano Aprile, per il quale esiste il “concreto pericolo che, con l’evolversi delle indagini e disponendo di ingenti risorse economiche, l’indagato possa darsi alla fuga”. Fiorito stesso ha poi peggiorato la sua situazione cercando di “eludere i controlli”, così come scritto in dettaglio nell’ordinanza con cui è stata disposta la sua custodia in carcere. Il 14 settembre scorso infatti, durante la perquisizione in casa sua, al  centro dei Parioli, il nucleo operativo della guardia di finanza ha ritrovato frammenti di ricevute e documenti strappati sia nella pattumiera della cucina che nel tritacarte. Contattato telefonicamente di mattina, Fiorito ha detto ai finanzieri di non essere in casa e ha chiesto di essere aspettato una ventina di minuti. Ma una volta arrivato, anziché entrare dal portone principale e permettere alle forze dell’ordine di salire con lui, è entrato da un ingresso secondario. “In questo modo  Fiorito ha guadagnato un significativo lasso di tempo nel quale ha potuto fare liberamente quello che voleva con la documentazione da lui stesso posseduta”.

Assegni, jeep e acquisti.  Secondo i Pm, nel periodo di tempo che va dal 22 dicembre 2010 al 2 agosto 2012, Fiorito avrebbe movimentato circa 6 milioni di euro, prelevando un milione e 357mila euro dai fondi pubblici del Pdl per accreditarli sul suo conto privato. Ci sono, inoltre, all’incirca 130 assegni da lui emessi per un valore complessivo di 370mila euro. Le carte di credito/debito sono state usate per un totale di 184, 400 euro, i prelievi agli sportelli bancari ammontano a 121, 350mila euro, mentre la carta bancomat è stata usata per ritirare 26mila ottocento euro. Tra le contestazioni a Fiorito, anche la compravendita di autovetture, compresa una jeep per girare per la capitale durante l’abbondante nevicata che c’è stata a Roma lo scorso febbraio, comprata con un assegno circolare di 33mila e 500 euro. Con i soldi del partito, secondo il gip, l’ex capogruppo Pdl si sarebbe comprato pure la caldaia per la sua casa di San Felice Circeo per poi pagare anche il conto del riscaldamento. Ed è anche sull’acquisto di questa villa che gli inquirenti hanno forti dubbi. Durante l’interrogatorio Fiorito ha dichiarato di averla acquistata per 600mila euro grazie ad un risarcimento ottenuto dal padre a seguito di una causa di lavoro, mentre per gli inquirenti il valore dell’immobile è di 800mila euro. Tocca quindi capire la provenienza dei 200mila euro consegnati in contanti, e quindi a nero, alla venditrice.

Indennità triplicata e la vacanza da trenta mila euro. Le verifiche contabili, ancora, svelano che Fiorito per tre volte ogni mese si è accreditato le somme destinate ai consiglieri come se fossero la sua indennità. Il gip Stefano Aprile ha spiegato: «Vuole accreditare la tesi di un suo presunto diritto alla doppia o tripla indennità e alla possibilità di attingerle dai fondi del Gruppo a fronte di chiarissima regolamentazione normativa secondo cui i contributi erogati al Gruppo sono finalizzati esclusivamente alle spese di aggiornamento, studio e documentazione ». Numerose le spese fuori controllo documentate dagli investigatori della guardia di finanza in negozi come Hermés, Montblanc, Euronics, feste e cene organizzate dall’indagato e prive di connessione con l’attività del partito. Come la sua vacanza in Sardegna, costata quasi 30mila euro, e pagata sempre con i soldi del partito dal cugino di Fiorito, Pierluigi Boschi, anche ex capo della segreteria consiliare del Pdl. Durante l’interrogazione Boschi ha spiegato ai giudici : «Fiorito non riusciva a pagare il conto dell’albergo in quanto la sua carta di credito era limitata a 10 mila euro. Mi chiese di pagare io con le mie risorse personali, ma gli feci presente che non avevo la disponibilità in quanto si trattava di un conto di circa 30mila euro. Mi disse quindi di prelevare il denaro necessario dal conto del Gruppo dicendomi che poi avrebbe provveduto a restituirlo».

di Manuela Moccia