I giornalisti Filippo Ceccarelli, Bruno Manfellotto e Stefano Brusadelli insieme al direttore di Lumsanews Carlo Chianura

La rivoluzione di Panoramaper il giornalismo italianoIl seminario alla Lumsa

Con Brusadelli, Ceccarelli e Manfellotto L'esperienza e le novità della rivista

ROMA – È “un atto d’amore” il libro Il settimanale che cambiò l’Italia, il giornalismo di Panorama 1962-1994. Ne è convinto Fillippo Ceccarelli, che insieme ai giornalisti Stefano Brusadelli e Bruno Manfellotto – che hanno vissuto da protagonisti l’esperienza di Panorama – racconta agli studenti del Master di giornalismo della Lumsa gli anni d’oro della rivista, nata come mensile su iniziativa di Arnoldo Mondadori, diventata un settimanale nel 1967, e destinata a fare la storia del giornalismo italiano.

Una raccolta di saggi, interviste, e dei pezzi più iconici del tempo per ricordare la rivoluzione inaugurata da Panorama. In primis del linguaggio, che si distingueva da quello “ingessato” delle principali testate e che, mutuato dal giornalismo anglosassone, si caratterizzava per l’assenza di ripetizioni, i periodi brevi, gli attacchi incisivi e le chiuse “che dovevano lasciare un certo sapore in bocca”, spiega Manfellotto. Novità che contageranno anche gli altri settimanali, che abbandoneranno il formato “lenzuolo” per copiare il più piccolo e versatile di Panorama. Non solo: i cambiamenti apportati sono anche di contenuto, con l’apertura a tematiche fino a quel momento escluse dai cartacei, come “la medicina, il sesso, la buona cucina”.

Tra i meriti della rivista il lascito al giornalismo italiano e i grandi insegnamenti riassunti nel celeberrimo slogan “I fatti separati dalle opinioni”. Il primo dei comandamenti su cui si fondava il lavoro della redazione, allora diretta da Lamberto Sechi, che intimava i suoi giornalisti a “scrivere come se fossero appena sbarcati da Marte”, a non dare nulla per scontato, e, ricorda Brusadelli, a “fare loro fatica, non farla fare ai lettori”.

Il lettore deve essere “il punto di riferimento” anche per Manfellotto: “Bisogna essere chiari, brillanti, accattivanti,” – sostiene – “curare il dettaglio per raccontare un episodio, caratterizzare un personaggio, meglio ancora se in un modo a cui nessuno prima aveva pensato”. E ancora, “verificare le fonti e costruirsi giorno dopo giorno una credibilità”, incalza. Fornendo gli spunti e le risposte per guardare al futuro del giornalismo, in un momento che, secondo Brusadelli, è caratterizzato dalla “dittatura del web e da un frastuono informativo” in cui non è facile fare sentire la propria voce e in cui il lavoro di chi riporta le notizie è diventato “passivo”, limitandosi a riportare quanto appare sui comunicati stampa.

È Ceccarelli a portare degli esempi di giornalismo attivo, ricordando quando chi scriveva per Panorama voleva sapere di un politico “dove mangiava e come si comportava nei corridoi dei palazzi del potere”. Invita chi si affaccia al mestiere, definito “bellissimo e dolorosissimo”, a leggere i quotidiani cartacei , perché “alla carta è legata la democrazia rappresentativa, e perché chi si nutre di superficialità restituisce superficialità”. A fare la differenza sono “la sensibilità e la predisposizione all’interpretazione dei fatti”. Ceccarelli esorta alla collaborazione tra giornalisti, “la colleganza”, riportando alla memoria di quando le redazioni, “luogo di risate e di lacrime”, avevano “una dimensione intima” che rischia di perdersi e non deve. Una dimensione collettiva, “di cui le notizie hanno bisogno”, evidente nella redazione di Panorama, dove chi vi apparteneva spesso “parlava al noi”.

Veronica Stigliani

Laureata in Relazioni Internazionali presso l’Università di Bologna nel 2019 con una tesi intitolata "States and non-state actors in the Middle East", collaboro con The Euro-Gulf Information Centre (EGIC), OSMED-Osservatorio sul Mediterraneo e La fionda.