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Dallo stadio al Transatlantico, Juve-Roma finisce in Parlamento. E Travaglio: “Da bianconero mi vergogno”

di Anna Bigano07 Ottobre 2014
07 Ottobre 2014

juve-roma-montecitorioLa credibilità del Paese minata. Gli azionisti sul piede di guerra. Gli investitori stranieri messi in fuga dall’incapacità italiana di applicare le regole. E sì che sembrava solo una partita di calcio, per quanto – siamo d’accordo – finora la più importante dell’intero campionato. Sono passati due giorni da Juve-Roma, ma la polemica sul 3 a 2 di domenica continua a infuriare. Non solo, com’è logico, al bar e sui social network, ma addirittura a Montecitorio, dove le divisioni ideologiche fra destra e sinistra cedono il passo a quelle fra giallorossi e bianconeri.

Travaglio: «Peggio dei tempi di Moggi». Il discutibile arbitraggio di Gianluca Rocchi ha suscitato uno psicodramma collettivo nazionale: tanti lo considerano al soldo degli Agnelli, altri ritengono che lo sbaglio sia di chi l’ha designato, alcuni (pochi, per la verità) lo difendono. Persino qualche tifoso della squadra di Torino si spinge a mettere in dubbio le scelte arbitrali. «Non mi vergognavo così tanto dai tempi di Luciano Moggi», ha ammesso Marco Travaglio ai microfoni di Un giorno da pecora su Radio2. «A me piace vincere, ma non rubando. Non c’è uno dei tre gol che sia regolare». E i patron della squadra? Per il giornalista del Fatto Quotidiano eredi di Moggi, che «avrà avuto i lucciconi agli occhi vedendo che gli allievi hanno superato il maestro».

Appelli all’Italia e all’Europa. E stavolta il Parlamento è davvero lo specchio del Paese. La protesta è arrivata anche lì, riuscendo innanzitutto a riunire le anime del centrodestra: Fabio Rampelli di Fratelli d’Italia ha annunciato un’interrogazione parlamentare a cui si è unito il forzista Ignazio Abrigrani che, guarda caso, è vicepresidente del Roma club della Camera. «Gli italiani pagano fior di quattrini per il campionato di calcio e il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Delrio, che detiene la delega allo sport, ha il dovere di spiegarci come intenda garantire risultati ottenuti per esclusivi meriti sportivi», ha spiegato Rampelli. Si è rivolto direttamente a Bruxelles, invece, l’eurodeputato leghista Gianluca Buonanno: «Chiedo alla Commissione europea, date le proprie competenze in materia di mercato unico e, dopo l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, in materia sportiva, di attivarsi per creare un meccanismo per la nomina di arbitri internazionali di riconosciuta fama, onestà ed integrità morale».

Asse trasversale. Francesco Miccoli, deputato Pd e tifoso romanista (ma, giura lui, qui il tifo non c’entra), ha presentato un’altra interrogazione parlamentare al ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan e, visto che c’era, pure un esposto alla Consob. «Roma e Juventus – ha motivato – sono società quotate in borsa, e quindi gli incredibili errori arbitrali (oltre a falsare il campionato e minare la credibilità del Paese) incidono anche sugli andamenti della quotazioni borsistiche». E poi c’è il problema degli investimenti: altro che burocrazia elefantiaca e garanzie sindacali: «Più che dell’articolo 18 – ha continuato Miccoli – sono sicuro che gli imprenditori stranieri siano messi in fuga soprattutto da questa arbitrarietà e mancanza di certezza nell’applicazione delle regole». Le critiche sono subito arrivate dal collega di partito Francesco Boccia, per coincidenza presidente dello Juve club di Montecitorio: «Che facciamo chiediamo a Vegas di arbitrare una partita? Oggi si è andati oltre la decenza».

Così nel ‘98. Non è la prima volta che un match si trasforma letteralmente in un affare di Stato. Precedente poco illustre è la rissa alla Camera fra Domenico Gramazio di Alleanza Nazionale e Massimo Mauro dei Democratici di Sinistra. L’oggetto del contendere era, allora, l’1 a 0 portato a casa dalla Juve contro l’Inter nello scontro diretto che avrebbe dovuto decidere l’esito del campionato 1998 – poi infatti vinto dalla Juve – e il mancato rigore assegnato ai nerazzurri dall’arbitro Ceccarini. Anche allora ci furono interrogazioni parlamentari, appelli per rivedere il sistema arbitrale, addirittura quindici giorni di sospensione per Gramazio. Poco è cambiato da allora, verrebbe da dire. Anche oggi, in tempi di austerity e spending review, il rigore che più fa discutere il Parlamento non è certo quello invocato da Angela Merkel.

Anna Bigano

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