HomeCronaca Rapporto Svimez: al Sud l’aspettativa di vita è più bassa che al Nord

Rapporto Svimez sulla sanità
Al Sud aspettativa di vita
più bassa che al Nord

Nel meridione si muore di più per tumori

Autonomia differenziata aumenta divario

di Maddalena Lai08 Febbraio 2024
08 Febbraio 2024
ricoveri sanità

ROMA – L’aspettativa di vita per gli italiani cambia a seconda della regione in cui vivono. A dirlo è il rapporto Svimez (Associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno) “Un Paese, due cure. I divari Nord-Sud nel diritto alla salute” presentato a Roma il 7 febbraio in collaborazione con Save The Children

Al Sud la speranza di vita risulta essere più bassa di un anno e mezzo, mentre è più alta – rispetto al Nord Italia – la mortalità per tumore, pari al 9,6% per 10mila abitanti per gli uomini rispetto a circa l’8% del Nord. 

La classifica per numero di interventi di chirurgia oncologica vede infatti in vetta il Settentrione con diversi centri che hanno compiuto un alto numero di operazioni. Arranca invece il Mezzogiorno con solo tre regioni virtuose – Puglia, Campania e Sicilia – che coprono tutte le patologie considerate. Complessivamente solo un ospedale su due esegue interventi sotto soglia e solo 13 hanno il bollino di qualità per i percorsi assistenziali. 

La povertà sanitaria, inoltre, interessa l’8% dei nuclei familiari meridionali. Circa il doppio del Centro-Nord che si ferma a una media del 4,9%. Sono sempre più, infatti, le persone che rinunciano a curarsi per motivi economici. 

Dopo la presentazione del rapporto arriva la sferzata dei sindacati al governo. Michele Vannini, segretario nazionale di Fp-Cgil, ha infatti evidenziato non solo la “situazione di gravissimo pericolo” del Servizio Sanitario nazionale, ma anche che “l’autonomia differenziata rischia di dargli il colpo di grazia”. “Per questo” – aggiunge – “è necessario cambiare strada”. Una posizione ribadita anche dal direttore generale della Svimez, Luca Bianchi, che afferma la “necessità di rafforzare la dimensione universale del Servizio sanitario nazionale”. Un fine irrealizzabile con l’autonomia differenziata che, infatti, determinerebbe “ulteriori ampliamenti dei divari territoriali di salute e una conseguente crescita della mobilità di cura”.

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