Stadi e palazzetti, quei monumenti al degrado

Impianti vecchi e dimenticati, riscoperti solo in campagna elettorale e poi abbandonati al loro destino. Comuni e istituzioni sportive, spesso alle prese con problemi di bilancio, non investono nella riqualificazione di strutture che non garantiranno profitti. Il risultato è che insieme a stadi e palazzetti, al degrado viene consegnato lo sport italiano. Vediamo perché.

Le cause sono molteplici. I dati del Coni, contenuti nel censimento degli impianti sportivi appena diffuso, parlano di oltre 2.200 impianti chiusi al pubblico. L’indagine si concentra esclusivamente su cinque regioni d’Italia – Friuli-Venezia Giulia, Molise, Toscana, Lazio e Calabria , ma fotografa alcune problematiche che accomunano tutto il territorio nazionale. Tra le diverse tipologie di impianti prevalgono quelli polivalenti all’aperto o al chiuso.

(Dati Coni, censimento impianti sportivi)

IL CASO MILANO

Un esempio lampante di questa situazione si trova vicino al Giuseppe Meazza di Milano, stadio che ospitò la finale di Champions League nel 2016. A due passi da San Siro spicca la situazione dei campi di calcio del quartiere Barona. Sorte simile anche per il quartiere Quarto Cagnino, dove un impianto di circa 8.690 metri quadrati è abbandonato a sé stesso, e per il bocciodromo situato nel quartiere Bovisa.

“Il campo da calcio della Barona spiega Roberta Guaineri, l’assessore a Turismo, Sport e Qualità della vita del Comune di Milanoera in condizioni discrete ma non pienamente agibile, mentre il bocciodromo di via Candiani era fatiscente e abbandonato a sé stesso, considerata l’assenza di investimenti. Un caso unico a Milano. Il tetto in legno era ridotto male, così come gli spogliatoi e i vari interni”. Ora entrambi gli impianti sono stati assegnati a due società che puntano a riqualificarli entro il 2020.

IL DEGRADO DEL FLAMINIO A ROMA

La stessa speranza non si percepisce a Roma, dove gli ultimi corposi ritocchi agli impianti sportivi risalgono al 1990, in occasione dei Mondiali di calcio disputati in Italia, e al 2009, per i Mondiali di nuoto ospitati dalla Capitale. Colpisce la situazione dello stadio Flaminio, dimenticato e poi tornato alla ribalta a seguito dell’uccisione di un clochard all’interno dell’impianto nel febbraio 2018. Da gioiello architettonico e arena di storie olimpiche a teatro di omicidi, vive oggi nel più totale degrado.

(L’interno dello stadio Flaminio)

“Al suo interno cresce vegetazione incolta, ci sono tanti rifiuti e gli unici a utilizzarlo, secondo quanto si apprende, sarebbero gli spacciatori”, dice Alfredo Parisi, presidente di FederSupporter e del comitato “Salviamo il Flaminio”. “Il Coni e il Comune – spiega Parisi – si sono palleggiati le responsabilità, ma i principali colpevoli sono le istituzioni sportive. Nel novembre 2017 stava per passare il cosiddetto “piano Calenda”, proposto proprio dall’ex ministro, che prevedeva anche la ristrutturazione del Flaminio. Tuttavia il progetto sembra adesso sparito dai radar”.

Alla base di questa situazione il fatto che il complesso non è soggetto ad alcun tipo di speculazione, data l’impossibilità di costruirci intorno negozi o complessi immobiliari.

IL SUD E IL CASO MESSINA

Dal centro al Sud Italia la situazione peggiora. Messina, dopo i fasti della serie A di calcio e di pallacanestro, è sprofondata nel Dilettantismo. Lo stadio San Filippo, che nel 2005 ospitava in media trentamila spettatori (settimo pubblico d’Italia per numero di abbonati), accoglie adesso in media un centinaio di irriducibili e versa nel degrado. Lo stadio più vecchio, il “Giovanni Celeste”, è poi inagibile al pubblico.

(Gli interni dello stadio Celeste, tra abbandono e degrado)

“Il degrado ha un’origine precisa. Gli impiantispiega Giuseppe Scattareggia, assessore comunale allo sportvennero affidati in autogestione a delle società che non hanno provveduto alla pulizia e alla custodia delle strutture. Molte di queste realtà sono peraltro fallite, il che ha portato a un grande vuoto amministrativo”.

Dello stesso parere Alessandro Arcigli, commissario tecnico della Nazionale di tennistavolo: “La responsabilità delle Istituzioni è stata nel corso degli anni enorme. Il Comune dovrà fungere da collante tra le direzioni scolastiche, il Coni e le federazioni sportive affinché la scuola possa diventare un polo di integrazione concreta attraverso lo sport”.

I campi del “Primo Nebiolo”, che ospitarono la Nazionale di baseball, per tre anni sono stati trasformati in una tendopoli per l’accoglienza dei migranti, con ripercussioni anche di natura igienico-sanitaria. Non mancano le responsabilità della politica, se si pensa che impianti come il PalaMili e il PalaGravitelli, concepiti per le Universiadi del 1997, non sono mai stati completati del tutto. Le società minori, in attesa degli spalti prefabbricati, si sono arrangiate affittando delle piccole tribune in acciaio. Servirebbe ben altro, anche una squadra di vertice che fungerebbe da volano.

LA SOLUZIONE

Il governo sembra muoversi a piccoli passi. La proroga dei termini di partecipazione al poco chiaro bando “Sport e Periferie 2018”, che finanzia i progetti volti a rigenerare gli impianti sportivi degradati, ha causato un rallentamento dell’iter di riqualificazione. Inoltre i fondi – circa dieci milioni di euro annui agli assegnatari risultano insufficienti.

Per rigenerare gli impianti serve soprattutto una sinergia tra Coni, Comuni e istituzioni, che negli ultimi anni è mancata, portando al degrado di oggi e alla crisi di risultati del nostro sport.