HomeEconomia Rinunciare alla Tav potrebbe costare all’Italia una cifra intorno ai 4 miliardi di euro

Rinunciare alla Tav
costerebbe all'Italia
4 miliardi di euro

La relazione giuridica ancora secretata

verrà pubblicata la prossima settimana

di Marco Valentini08 Febbraio 2019
08 Febbraio 2019

Rinunciare alla realizzazione della Tav Torino – Lione potrebbe avere un forte impatto negativo sul bilancio dello Stato. Secondo quanto rivela Il Sole 24 Ore, infatti, stando al documento “giuridico” da allegare all’analisi costi-benefici, i costi, se non si terminassero i lavori, oscillerebbero tra i 2,8 e i 4 miliardi di euro.

La “relazione giuridica” non fa parte della documentazione inviata dal ministro delle Infrastrutture Danilo Toninelli a Parigi e a Bruxelles, ma verrà pubblicata la prossima settimana.

Sono quattro le voci prese in esame che porterebbero la cifra dei costi a lievitare ben oltre le previsioni: la restituzione dei fondi ricevuti, il pagamento delle penalità contrattuali, il ripristino dei luoghi interessati dai lavori e il potenziamento della linea storica, da adeguare per motivi di sicurezza. La somma da restituire per i fondi già versati si aggirerebbe intorno ai seicento milioni di euro e le penalità e gli effetti conseguenti alle interruzioni contrattuali avrebbero un costo tra i cinquecento milioni e il miliardo di euro. Per quanto riguarda la messa in sicurezza e il ripristino dei luoghi interessati dai lavori, sarebbe necessaria una spesa di cinquecento milioni di euro.

I costi maggiori dovrebbero essere legati alla messa in sicurezza e all’ampliamento della linea storica, che prevedrebbe la costruzione di un secondo tunnel della lunghezza di 13,5 km per una spesa tra 1,5 e 1,7 miliardi. Queste le stime presenti nel documento, ma ci sarebbe un ulteriore scenario da prendere in considerazione secondo Il Sole 24 Ore: qualora si dovesse arrivare ad una rinuncia definitiva all’opera, in un quadro già conflittuale con Parigi e Bruxelles, si potrebbe anche mettere in conto che la Francia possa chiedere la rivalsa per tutti i costi sostenuti e che l’Unione europea possa eliminare dalle proprie previsioni il “corridoio Mediterraneo”, con la conseguente cancellazione di opere come la Venezia-Trieste-Lubiana.

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