HomeCronaca Tredicenne tolto alla mamma Dissidi tra i genitori L’effeminatezza non c’entra

Tredicenne tolto a madre
Dissidi tra i genitori
L'effeminatezza non c'entra

Verificando la sentenza emerge

un quadro inedito della vicenda

di Valerio Del Conte11 Gennaio 2017
11 Gennaio 2017

Dopo un giorno, si cominciano a delineare i contorni della vicenda del tredicenne tolto alla madre perché “troppo effeminato”. La chiave di lettura che è stata data riporta uno scenario preoccupante: il Tribunale dei Minori avrebbe sottratto alla madre il proprio figlio solo per aver indossato lo smalto o essersi truccato. In un 2017 in cui la Danimarca ha depennato la disforia di genere dai disturbi mentali e gran parte dei paesi occidentali riconosce l’amore tra persone omosessuali, una sentenza del genere lascia perplessi. La verità è, però, un’altra.

In un’intervista a “Effetto Giorno”, l’avvocato della madre ha confermato la versione che tutti conosciamo, ma questa è solo una parziale verità. Leggendo la sentenza emerge che la situazione è ben più complicata e che la decisione del giudice non si basa di certo sugli atteggiamenti effeminati del ragazzino. Per ben sei anni, infatti, i genitori del tredicenne si sono fatti guerra in tribunale. Dopo una separazione consensuale, il bambino era stato affidato congiuntamente ai genitori, ma con collocamento prevalente presso la madre e con regolamentazione dei rapporti con il padre. Successivamente, la madre ha denunciato per abusi sul figlio l’ex compagno, che però è stato assolto con un decreto di archiviazione.

È in questo quadro così problematico che si incastrano i disagi del minore. Si parla di problemi di inserimento sociale, cali di attenzione, difficoltà alle capacità mnemoniche, aggressività e aspetti di dipendenza con la madre. È su quest’ultimo punto che il tribunale cita anche “difficoltà di identificazione sessuale”, citando poi i casi in cui il ragazzino si presentava a scuola con gli occhi truccati o lo smalto alle dita. Le strade tentate dal Tribunale dei Minori sono state diverse, come l’inserimento del ragazzino in una comunità diurna o terapie psicologiche.  Successivamente, il giudice decide il collocamento del tredicenne presso una comunità terapeutica con “temporanea sospensione dei rapporti con entrambi i genitori”. La motivazione, però, non sta nella effeminatezza del minore, ma nella incapacità dei genitori di “sostenere attivamente una psicoterapia del ragazzo”. Si tratta, comunque, di un provvedimento temporaneo “per verificare la capacità di collaborazione di ciascuno dei due genitori e l’evoluzione della condizione del minore”.

In conclusione, le parole incriminate sono state dette, e forse per alcuni sono frasi infelici, ma non sono i punti su cui si è basata la decisione del giudice.

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